Finanza Notizie Mondo Argentina al voto: sul prossimo presidente incombe lo spettro default. Cosa aspettarsi?

Argentina al voto: sul prossimo presidente incombe lo spettro default. Cosa aspettarsi?

25 Ottobre 2019 12:39

L’Argentina, sull’orlo del suo nono default, va al voto. Le elezioni del presidente, in agenda domenica, sono cruciali per capire l’evolversi della crisi. Una vittoria del candidato peronista Alberto Fernàndez potrebbe mettere in agitazione gli investitori e dare quel colpo fatale che farà cadere il paese nel baratro. 

 

Macrì versus Fernandez: chi vincerà la sfida finale?
Domenica 27 ottobre gli argentini si recheranno alle urne per eleggere il nuovo presidente, i membri del congresso nazionale e i governatori di gran parte delle 23 province del paese. Sulla base dei risultati delle elezioni primarie di agosto una vittoria dell’attuale presidente Mauricio Macri, anche se non impossibile, sembra altamente improbabile, secondo gli esperti. A vincere dovrebbe essere l’avversario Alberto Fernández del Partito Giustizialista, attualmente il principale partito di opposizione e la più grande componente del movimento peronista.

 

Se vince Fernandez, prepararsi a un nuovo terremoto sui mercati?
Dalle elezioni primarie di agosto, in cui Fernández ha fatto una dimostrazione sorprendentemente forte nella sua candidatura alla presidenza del paese, i prezzi degli asset argentini sono precipitati. L’indice principale della Borsa argentina, l’S&P Merval, ha perso il 25% e il peso è andato a picco di oltre il 20%.

In realtà, il crollo della Borsa, del peso e dei bond argentini a cui il mondo ha assistito dalla sconfitta di Macri alle primarie non è dovuto tanto alle dichiarazioni di Fernandez quanto al probabile ritorno al potere di Cristina Fernandez de Kirchner nelle vesti di vicepresidente di un nuovo governo peronista orientato a sinistra.

Presidente dell’Argentina dal 2007 al 2015, Kirchner è nota per aver lanciato misure di politica economica incentrate sull’interventismo che, secondo alcuni analisti, non avrebbero fatto altro che peggiorare la crisi finanziaria del paese. Kirchner si è ripetutamente rifiutata di rimborsare il debito argentino, in particolare quello dovuto agli hedge fund americani, definiti da lei “avvoltoi”. Il mercato dunque ritiene che un orientamento politico a sinistra, di nuovo verso il peronismo, porterà ad una maggiore instabilità macroeconomica dell’Argentina.

 

Il debito sarà il primo nodo da sciogliere
Dato l’enorme declino della valuta e la mancanza di fiducia del mercato, l’Argentina sembra ora essere diretta verso il suo nono default. La sfida più grande per il prossimo presidente riguarderà quindi la ristrutturazione del debito, passando innanzitutto dal Fondo monetario internazionale, che è il più grande creditore del paese.

“Un nuovo governo guidato da Fernández probabilmente non vorrà passare i primi anni del suo mandato in contenzioso con i creditori – sostiene Jared Lou, Emerging Market Debt portfolio manager di NN Investment Partners – È più probabile che vorranno concentrare le loro energie sul raggiungimento della stabilità macroeconomica e sulla realizzazione dei loro obiettivi sociali”. Per queste ragioni, l’amministrazione Fernàndez dovrà sforzarsi di trovare una intesa con l’Fmi per riacquistare l’accesso ai mercati dei capitali internazionali.

 

Quali rischi per i detentori di bond argentini?
Secondo l’esperto di NN Investment Partners, Fernández deve perseguire una ristrutturazione del debito che favorisca i creditori per riguadagnare rapidamente l’accesso al mercato. La disomogeneità tra i diversi tipi di creditori (hedge fund, gestori patrimoniali, banche private, argentini, ecc) potrebbe rendere più difficile raggiungere una soluzione negoziata con la stessa rapidità come accadde, ad esempio, con l’Ucraina nel 2015. Tuttavia, ci potrebbe essere qualche speranza: “Fernández – sottolinea l’analista – è ideologicamente peronista, ma sembra molto più pragmatico della sua compagna alla corsa, l’ex presidente Cristina Fernández de Kirchner. Una ristrutturazione l’anno prossimo sembra probabile, ma le condizioni non saranno così negative per gli obbligazionisti come lo erano state nel 2001”.