Finanza Notizie Italia Atlantia e il piano M5S per evitare revoca: farla scendere a 30% Autostrade per far entrare F2i e Cdp

Atlantia e il piano M5S per evitare revoca: farla scendere a 30% Autostrade per far entrare F2i e Cdp

26 Maggio 2020 10:04

Risolvere una volta per tutte il dossier Autostrade, riservando la giusta punizione per la tragedia del Ponte Morandi alla famiglia Benetton che, con Atlantia, controlla il gruppo. Come? Portando la holding a ridurre la sua quota in Autostrade, al momento pari all’88% e facendo entrare lo Stato. Sarebbe questo il piano del M5S per evitare lo scenario più drastico che gli stessi pentastellati evocano non appena se ne presenta l’occasione: quello della revoca delle concessioni ad Autostrade (ASPI), per fare giustizia.

“Il governo offrirebbe ad Atlantia – che al momento detiene l’88% di Aspi – di scendere al 30%. Andrebbe in minoranza. Le quote cedute, circa il 58%, le rileverebbe lo Stato attraverso Cassa depositi e prestiti, il fondo F2i, e i fondi delle casse previdenziali. A quel punto l’idea sarebbe di procedere con un abbattimento delle tariffe autostradali del 10%, Cdp potrebbe fare leva sui crediti che vanta con Autostrade, che verrebbero trasformate in quota capitale”. Così scrive oggi La Stampa, sottolineando che, in questo caso, si tratterebbe di “un’operazione al momento tutta politica perché alla società controllata dal Tesoro non risulta un avanzamento nel dossier. Tanto più che parallelamente, fonti di Cdp hanno confermato che è in corso una interlocuzione sulla concessione di un’altra linea di credito, sulla quale è stato sospeso l’avvallo”.

Parla dell’ipotesi di far scendere Atlantia nel capitale di Autostrade anche un articolo odierno del Sole 24 Ore, che riprende l’opzione del fondo F2i, a seguito di un incontro tra i vertici dell’azienda autostradale e alcuni esponenti del Tesoro:

“F2i resta in campo, in maniera attiva, sul dossier Autostrade per l’Italia – scrive il quotidiano di Confindustria, ricordando che “F2i, assieme ad altri soggetti, è infatti uno degli investitori candidati a entrare nel capitale della società autostradale per favorire la discesa di Atlantia, holding che fa capo alla famiglia Benetton, al di sotto del 50% del capitale”.

Ieri fonti vicine al Tesoro hanno spiegato a Reuters che finché non si chiarisce il tema revoca lo Stato non può garantire il finanziamento ad Aspi. Le indiscrezioni di Reuters sono state riprese anche da La Stampa:

“La tesi al ministero dell’Economia è questa: “Prima si risolve la questione della concessione ad Autostrade per l’Italia, poi diamo l’ok alla richiesta di 2 miliardi avanzata da Atlantia’, la holding controllante in mano alla famiglia Benetton” .Peccato che questa questione sia sospesa da mesi e mesi e che finora non si sia arrivati a nessuna decisione. In ogni caso, portare Atlantia a scendere nel capitale di Aspi potrebbe essere, da un punto di vista politico, la mossa che il M5S reputa opportuna anche per mediare- scrive La Stampa “con chi nel M5S, Alessandro Di Battista, spinge per la nazionalizzazione”.

Ma anche Autostrade ha una sua proposta, incisa in una lettera spedita al governo M5S-PD lo scorso 5 marzo e che rimane tuttora senza risposta. Ne parla oggi il quotidiano La Repubblica:

L’obiettivo del gruppo è di “far pace con il governo e togliere la spada di Damocle della revoca della concessione”: da una parte, rivedere l’articolo 35 del decreto Milleproroghe, che è un vero e proprio schiaffo in faccia alla società,  visto che prevede, in caso di revoca della concessione, il pagamento di un indennizzo di 7 miliardi da parte dello Stato, contro quanto stabilito dalla “Convenzione attuale, che in caso di revoca prevede il pagamento fino a 23 miliardi ad Aspi“.

Dall’altro lato “rivedere i termini dell’articolo 9 della Convenzione su cui si fonda la concessione della rete autostradale, ritenuti dal governo troppo generosi”. In termini pratici, dare il via a “una nuova norma che «disciplini le conseguenze in coerenza con le disposizioni contenute in analoghe convenzioni concluse con importanti operatori infrastrutturali italiani (ad esempio Enel Distribuzione)”. Ovvero, “il superamento e la rimodulazione del famigerato articolo 35 del Milleproroghe, quello che prevede, in caso di revoca della concessione, il pagamento di un indennizzo di 7 miliardi. Ma anche la disponibilità a cancellare quanto prevede la Convenzione attuale, che in caso di revoca prevede il pagamento fino a 23 miliardi ad Aspi. La soluzione prospettata dalla società che fa capo alla famiglia Benetton rimanda alle altre Convenzioni, che prevedono una soluzione intermedia tra il valore delle immobilizzazioni e la redditività delle concessioni. La differenza tra 7 e 23 miliardi, insomma”.

COLLOQUIO DELL’AD DI ASPI ALLA STAMPA: ‘NESSUNA MINACCIA, SCELTA OBBLIGATA’

Dopo un fine settimana infuocato iniziato con il commento del sottosegretario al Mise Stefano Buffagni, che ha detto “No, grazie”, alla richiesta di Atlantia di un prestito con garanzia statale; dopo la riunione straordinaria del cda che ha annunciato il congelamento a investimenti di un valore 14,5 miliardi; e dopo la carrellata di accuse da parte del governo (con il sottosegretario alle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri, che ha parlato di ‘ricatto’, lanciando un appello al Pd e Italia Viva affinché si ponesse la parola fine al dossier infinito con la revoca delle concessioni, parla l’AD di Autostrade, Roberto Tomasi.

In un colloquio con La Stampa, il numero uno di ASPI dallo scorso novembre, spiega: “Nessuna minaccia e tantomeno nessun ricatto: la scelta di Autostrade per l’Italia di rallentare il piano da 14,5 miliardi di euro di investimenti è una scelta obbligata“.

“Ho visto nel dibattito politico opinioni molto sferzanti nei confronti della nostra scelta di dover rallentare il piano di investimenti da 14,5 miliardi di euro. In parte ce lo potevamo aspettare, visto il generale contesto di polemica. Da quando il DL Milleproroghe ha cambiato in modo unilaterale la nostra Convenzione, il nostro rating è sceso a livello spazzatura e nessun istituto di credito ci presta più un euro per gli investimenti. Per questo a gennaio abbiamo chiesto a gran voce al governo di non approvare quella norma, ma non ci è stato dato ascolto». Tommasi descrive una situazione gravissima per la mancanza di liquidità, ulteriormente peggiorata dall’emergenza Covid, che ‘ha provocato un tracollo del traffico e dei nostri ricavi: 1 miliardo in meno di fatturato solo per il 2020 e una previsione di rosso di 300 milioni nel 2021. Grazie ad Atlantia, che ci ha messo a disposizione 900 milioni, possiamo garantire stipendi, manutenzioni, investimenti per la sicurezza. Ma come facciamo a investire in nuove opere in questa situazione?’.

E’ lo stesso codice civile, ha spiegato Tomasi, a stabilirlo: “in assenza di autofinanziamento e di risorse esterne, gli amministratori devono verificare la continuità aziendale, prima di assumere degli impegni di spesa. ‘Al tempo stesso – ha detto a La Stampa – il codice civile impone agli amministratori la tutela del valore patrimoniale dell’azienda, al fine di tutelare gli stakeholder, inclusi creditori e azionisti . Ecco perché abbiamo avviato l’istruttoria per chiedere il prestito Sace, come altre aziende, per un importo pari al 10% dei fabbisogni futuri di Aspi nei prossimi 6 anni”.

LA NOTA DI EQUITA SUL TITOLO ATLANTIA

“Il viceministro Cancellieri ha sottolineato che il M5S, che chiede la revoca della concessione, è aperto al dialogo. Secondo la Stampa il piano del M5S prevede la discesa di Atlantia al 30% in ASPI con l’entrata di CDP ed F2i ed il taglio delle tariffe del 10%. Secondo Il Fatto Quotidiano ci sarebbe stato un meeting fra Conte, De Micheli e Gualtieri sul dossier ASPI, ma la situazione sarebbe ancora ferma. Il dossier del Ministero delle Infrastrutture prevederebbe fra le opzioni la revoca, ma col rischio di un lungo contenzioso. Nello scenario di una negoziazione con ASPI sul contratto, il governo vorrebbe un indennizzo superiore ai 2,9 miliardi proposti dalla società (1,5 miliardi fra tagli di tariffe e maggiori capex) e sarebbe poi sottointesa la discesa di Atlantia sotto il 50% in ASPI. Secondo Il Messaggero, Atlantia sarebbe disposta a scendere al 49.9% di ASPI ma non ci sarebbe l’accordo sulle tariffe. Infine, il Sole sottolinea che F2i assieme ad altri soggetti sarebbe pronta ad entrare in ASPI. Per quanto riguarda il finanziamento da 1,25 miliardi con garanzie governative, fonti vicine al ministero dell’economia avrebbero spiegato che prima si dovrà chiarire il tema della revoca della concessione. Il Sole conclude che Atlantia è comunque pronta alla battaglia legale chiedendo la risoluzione del contratto facendo valere il vecchio schema di concessione. Continuiamo a ritenere lo scenario più probabile quello di una negoziazione con il governo, mentre uno scontro legale e l’avvio della procedura di revoca sarebbe uno scenario molto negativo”.

Da segnalare che Equita ha un rating “hold” sul titolo Atlantia, con target a 16,4, rispetto alla chiusura di ieri a 14,14 euro. Oggi il titolo sale dell’1,84% a quota 14,39 euro.