Fisco Tassa di concessione governativa: cos’è e chi la paga

Tassa di concessione governativa: cos’è e chi la paga

Scopri tutto sulla Tassa di concessione governativa: ambiti di applicazione, soggetti obbligati, esenzioni, importi e modalità di pagamento.

19 Settembre 2025 17:00

La tassa di concessione governativa si potrebbe definire come una compagna di viaggio silenziosa nel panorama fiscale italiano, presente nei momenti più disparati: dall’acquisto di un cellulare fino alla gestione burocratica delle società più strutturate.

È come se, in un angolo, attendesse il suo turno per ricordarci che nel mondo complesso degli oneri amministrativi nulla si muove senza un adeguato obolo allo Stato. Con radici che affondano negli anni Settanta, l’imposta ha saputo adattarsi alle trasformazioni dell’economia, rimanendo però immutabile nella sostanza: richiede un contributo periodico, sia che si tratti di un abbonamento di telefonia mobile privato, sia che ci si trovi a far fronte ai costi di vidimazione dei libri sociali per un’impresa.

Tassa di concessione governativa: il peso della burocrazia che non passa di moda

Nel corso degli anni, la tassa di concessione governativa ha assunto connotati quasi emblematici dell’italico modo di operare, dove la burocrazia si mescola a una fitta rete di richieste amministrative.

Il pagamento varia a seconda dell’uso: usare un telefono per scopi lavorativi è considerato ancora un bene di lusso, lasciando una tariffa mensile più alta rispetto a un’utenza personale, retaggio di quando il cellulare era un privilegio di pochi.

Per le imprese, l’obbligo di tenere in regola i registri sfocia in una sorta di rito annuale: la procedura prevede che, entro metà marzo, si compili con cura il modello F24 e si versi la quota stabilita, differenziata in base al capitale sociale. E così, anche la semplice gestione contabile diventa un passaggio significativo, dove è impossibile ignorare l’onnipresente esigenza di un versamento all’erario.

L’eredità di un’imposta in continua evoluzione

Sebbene nel corso degli anni la normativa abbia incontrato sfide giudiziarie e interpretazioni controverse, compresa una serie di cause che ne contestavano la legittimità, la Cassazione ha posto fine alle dispute, riconfermando la validità dell’imposta sullo smartphone.

Si è trattato di un verdetto che, di fatto, ha cementato l’idea che i costi di gestione, da quelli più modesti ai più ingenti, rappresentino una costante supervisione statale su beni e servizi. E così, con qualche ritocco e un po’ di modernizzazione, la tassa di concessione governativa prosegue la sua corsa, ricordandoci che la supervisione pubblica non fa sconti su ciò che considera importante per le casse dello Stato.

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