Occupazioni abusive, la lentezza degli sgomberi costa caro allo Stato
Occupazioni abusive in Italia: le lungaggini negli sgomberi portano a risarcimenti milionari. I casi che mettono sotto accusa la Pubblica Amministrazione.
Fonte immagine: Finanza.com
Il fenomeno dell’occupazione abusiva in Italia continua a rappresentare un capitolo spinoso, una vera e propria “zona grigia” dove legalità e diritti sembrano scontrarsi senza ottenere un punto d’incontro. Gli ultimi dati descrivono uno scenario nel quale migliaia di immobili restano in mano a chi non ha alcun titolo per occuparli, mentre i proprietari subiscono danni economici e morali.
Il meccanismo di tutela si inceppa ripetutamente, trasformando una semplice procedura di rilascio in un percorso a ostacoli che spesso si protrae per anni. Risulta inevitabile, dunque, chiedersi se sia realmente possibile trovare un equilibrio fra la tutela del diritto alla casa e la salvaguardia della proprietà, o se l’intero sistema debba essere rivisto dalle fondamenta per porre un freno al crescente senso di sfiducia dei cittadini.
Procedure e criticità nei provvedimenti di rilascio
I tanto attesi sgomberi, malgrado gli sforzi delle autorità giudiziarie, faticano a concretizzarsi con la velocità auspicata. Il recente decreto sicurezza del 2025, con l’introduzione del famigerato articolo 634-bis, avrebbe dovuto accelerare il corso delle operazioni, ma i risultati sperati non si sono ancora visti. Le lungaggini burocratiche sembrano palesi: ordinanze di rilascio emesse ormai da svariati anni restano spesso inapplicate, alimentando un clima di incertezza.
Ne è prova una sentenza emblematica della Corte di Cassazione, che ha condannato il ministero dell’Interno a risarcire in maniera significativa un proprietario le cui istanze erano cadute nel vuoto, con un immobile rimasto occupato per un periodo drammaticamente prolungato.
Percorsi giudiziari e casi eclatanti
Non meno eclatante è la situazione che riguarda la proprietà privata di famiglie e imprese, spesso impotenti di fronte a una giustizia appesantita da carenze organizzative ed endemiche inefficienze.
Si pensi, ad esempio, alle vicende pluridecennali che ruotano intorno al celebre centro sociale leoncavallo, o ai capannoni industriali da cui originano controversie al cardiopalma: in entrambi i contesti, ordinanze di sgombero emesse molto tempo fa sono rimaste in sospeso, obbligando lo Stato a pagare risarcimenti per la mancata tutela del diritto di possesso.
Questi casi, nel loro insieme, mettono in luce come il ritardo di intervento possa generare costi stellari che ricadono sulle spalle dei contribuenti.
Riforme e prospettive future
Il nodo principale risiede nella macchina della pubblica amministrazione, che deve con urgenza snellire procedure e rafforzare meccanismi di controllo. Gli ultimi pronunciamenti giudiziari evidenziano l’obbligo dello Stato di intervenire con tempestività, pena il crescente dissenso nell’opinione pubblica e una percezione di inefficacia istituzionale.
Sarebbe dunque auspicabile un rapido adeguamento normativo che, al di là degli aspetti punitivi, miri a prevenire ulteriori abusi e a ristabilire la fiducia tra i cittadini e le istituzioni. Solo affrontando con decisione questa piaga sarà possibile riuscire a bilanciare le esigenze di tutela dei più deboli con il rispetto della legge, garantendo un minimo di serenità a chi ne ha diritto e arginando definitivamente un’erosione gravosa della fiducia collettiva.
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