Fisco Studi condivisi: chi paga affitto, bollette e personale?

Studi condivisi: chi paga affitto, bollette e personale?

Scopri come gestire e dedurre correttamente le spese comuni negli studi condivisi: regole fiscali, fatturazione e ripartizione dei costi.

2 Agosto 2025 12:00

Condividere lo spazio lavorativo con altri professionisti è una scelta che mira a ottimizzare i costi, ma richiede un’attenzione particolare per gestire correttamente le spese comuni. Chi opta per questa formula di collaborazione informale, infatti, deve fare i conti con la deducibilità dei costi e con la necessità di rispettare le disposizioni fiscali. Quando vari professionisti decidono di lavorare in studi condivisi, è fondamentale definire con chiarezza il sistema di suddivisione per ogni voce di costo, considerando che il soggetto che si fa carico inizialmente delle spese – come utenze o servizi di manutenzione – dovrà poi rimborsarsi in maniera trasparente dagli altri membri. Proprio la documentazione accurata, combinata a un metodo di imputazione tracciabile e proporzionato, permette di rientrare nei parametri previsti dalle autorità e di evitare contestazioni su rimborsi o costi non riconosciuti.

Nell’ottica di assicurare la massima chiarezza negli studi condivisi, il professionista che anticipa i costi deve emettere una fattura soggetta a IVA agli altri colleghi per la parte di loro competenza. Questo passaggio si rivela essenziale per una corretta ripartizione delle spese, la quale non deve mai apparire fittizia o priva di pezze giustificative. È buona norma predisporre report dettagliati, indicando con precisione le quote di ciascuno e conservando i documenti che attestino l’effettivo pagamento iniziale. In tal modo si rispetta il principio di trasparenza, caro anche all’Agenzia delle Entrate, che in più occasioni ha ribadito la necessità di distinguere tra mera condivisione di costi e costituzione di un’associazione professionale vera e propria. Un’adeguata pianificazione amministrativa e contabile diventa pertanto imprescindibile, poiché la stessa cassazione ha posto il filtro di una solida documentazione come condizione per la legittima deducibilità dei costi.

Studi condivisi: l’incidenza dell’affitto e delle bollette

Tra le spese più rilevanti, l’affitto rappresenta spesso la voce primaria per gli studi condivisi, soprattutto se l’ufficio è situato in zone centrali o in edifici di pregio. Subito dopo, troviamo le bollette, con costi che possono variare sensibilmente in base al consumo effettivo di energia elettrica, riscaldamento o servizi di connettività.

Proprio per evitare squilibri economici e possibili incomprensioni, occorre stabilire fin dall’inizio i criteri di calcolo e di suddivisione, documentando ogni variazione mensile e ogni importo versato. Tale attenzione permette di evitare contestazioni a posteriori e di fornire, in caso di controllo fiscale, prove documentali in merito all’effettiva natura dei rimborsi.

La rendita catastale e l’uso parziale dell’immobile

Per i professionisti che esercitano la loro attività presso l’abitazione di residenza, la presenza di una rendita catastale legata all’immobile richiede ulteriori accorgimenti. In genere, è consentita la deduzione di una quota forfettaria delle spese, purché l’edificio non sia interamente dedicato ad attività lavorative e non si disponga di un locale esclusivamente professionale nello stesso comune. I

n queste situazioni, la corretta suddivisione degli spazi ai fini fiscali diventa vitale per evitare interpretazioni ambigue. Così, il lavoro in studi condivisi siti in contesti abitativi deve sempre poggiare su criteri di ripartizione trasparenti e ben documentati, a garanzia di una gestione professionale e in linea con le normative vigenti.

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