Lavoro nero: il Governo intensifica i controlli nel 2025
Il Governo italiano rafforza la lotta al lavoro nero con più controlli e sanzioni per in edilizia, agricoltura, turismo e servizi domestici.
Nel panorama italiano, il contrasto al lavoro in nero torna prepotentemente sotto i riflettori, grazie a una decisa accelerazione impressa dal Governo italiano nel primo trimestre del 2025. Una vera e propria svolta, che non si limita ai proclami, ma si traduce in numeri concreti: +17% di ispezioni e +20% di irregolarità accertate rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Un segnale forte, quasi a voler ribadire che la stagione della tolleranza verso l’economia sommersa è ormai archiviata e che, oggi più che mai, il rispetto delle regole è tornato a essere la bussola imprescindibile per chi opera nel mercato del lavoro.
L’offensiva parte da lontano, frutto di una strategia ministeriale che ha visto Marina Calderone, alla guida del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, impegnata in una vera e propria opera di rilancio delle attività ispettive.
La logica è chiara: tutelare la dignità dei lavoratori e, allo stesso tempo, mettere un freno a quella sottrazione di risorse fiscali e contributive che il sommerso produce, minando la sostenibilità del sistema.
Dove si concentrano i controlli del lavoro in nero
Non è un caso che i controlli sui lavoratori in nero si siano concentrati, quasi chirurgicamente, su quei comparti storicamente più vulnerabili alle derive dell’irregolarità. In prima linea il comparto edilizio, dove la prevalenza di impieghi temporanei e non dichiarati ha rappresentato, da sempre, una vera spina nel fianco.
A seguire, il settore agricolo, teatro di una massiccia presenza di manodopera stagionale spesso priva di tutele. Non meno critico l’ambito turistico, in cui la tendenza all’assunzione “in nero” di personale stagionale resiste ostinatamente alle strette normative. E infine, il delicato settore dell’assistenza domestica, dove l’assenza di un contratto rimane una prassi diffusa e difficilmente scardinabile.
Cambia la mappa delle sanzioni
Ma la vera novità, il cambio di passo che fa la differenza, è arrivata con il Decreto PNRR 2024, che ha riscritto la mappa delle sanzioni del lavoro in nero. Il nuovo regime sanzionatorio, infatti, non lascia spazio a interpretazioni: chi viene sorpreso a impiegare lavoratori non regolarizzati rischia multe che, in base alla durata dell’impiego irregolare, possono arrivare fino a 43.200 euro per lavoratore.
Sul versante imprenditoriale, l’effetto di questa stretta si fa sentire, e non poco. Da un lato, le aziende si trovano costrette a rivedere in profondità le proprie procedure di assunzione, con un inevitabile incremento delle spese per l’adeguamento ai requisiti normativi. Dall’altro, il rischio di subire danni d’immagine, in caso di sanzioni, si traduce in una crescente attenzione verso la compliance e la trasparenza.
Il messaggio lanciato dal Governo sul lavoro in nero
Ecco allora che il messaggio lanciato dal Governo italiano appare chiaro e inequivocabile: la stagione del “si è sempre fatto così” è finita. Il nuovo corso impone alle aziende, soprattutto a quelle che operano nei settori più esposti, di voltare pagina, abbandonando prassi ormai anacronistiche e puntando su un modello di sviluppo fondato sulla legalità e sul rispetto dei diritti. Un percorso non privo di ostacoli, certo, ma indispensabile per costruire un mercato del lavoro più sano, equo e competitivo.
La lotta al lavoro in nero non è solo una questione di numeri o di sanzioni, ma rappresenta la cartina di tornasole di un Paese che vuole cambiare passo, scommettendo su trasparenza, equità e responsabilità. Una sfida che chiama in causa tutti: istituzioni, imprese e lavoratori. Solo così, attraverso un impegno condiviso e una rinnovata cultura della legalità, sarà possibile voltare pagina e restituire al mercato del lavoro italiano quella centralità e quella dignità che merita.
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