Finanza Notizie Italia Confesercenti: in Italia crisi dei consumi, contribuenti con il freno a mano tirato da otto anni

Confesercenti: in Italia crisi dei consumi, contribuenti con il freno a mano tirato da otto anni

23 Maggio 2019 17:07

Che i consumi in Italia siano fermi è cosa risaputa ma che sono otto anni che i contribuenti sono con il freno a mano tirato lo dice l’ultimo Rapporto di Confesercenti e CER su commercio e consumi “2011>2020 L’Italia che non cresce”. Nel dettaglio l’analisi fa emergere che nel 2018 la spesa media annuale in termini reali – cioè al netto dell’inflazione – delle famiglie italiane è stata di 28.251 euro, inferiore di 2.530 euro ai livelli del 2011 (-8,2%). Una cifra superiore ad un mese intero di acquisti da parte di una famiglia media e anche alla perdita effettiva di reddito (-1990 euro) registrata nello stesso periodo. Complessivamente, il mercato interno italiano ha perso circa 60 miliardi di euro di spesa negli ultimi otto anni, ed il bilancio probabilmente continuerà a peggiorare.

Ecco le spese che gli italiani sacrificano di più

Gli italiani spendono meno e un po’ su tutto, tranne per istruzione e sanità ma le spese più sacrificate nei bilanci familiari sono quelle per l’abitazione (-1.100 euro circa all’anno per famiglia rispetto al 2011), abbigliamento (-280 euro), ricreazione e spettacoli (-182 euro), comunicazioni (-164 euro), alimentari (-322 euro). Gli italiani spendono di meno anche per gli smartphone, così anche per gli alimentari, un tempo ‘spesa incomprimibile’, e che invece ha perso il 6%. Crescono invece le spese per la sanità (+12,1%) e l’istruzione (+24,7%).
A livello territoriale la crisi dei consumi ha visto picchi soprattutto nelle Marche dove il budget familiare si è ristretto di 5.500 euro all’anno, seguita dalla Calabria con -4800 euro e il Veneto con -4400. Unica eccezione la Basilicata dove le famiglie invece hanno speso circa 500 euro in più all’anno.

I negozi che chiudono e quelli che aprono

Tagliando i consumi inevitabilmente ne risentono le imprese. Tra il 2011 ed il 2018 sono spariti oltre 32mila negozi in sede fissa specializzati in prodotti non alimentari e nel 2018 hanno chiuso 153 negozi al giorno. A soffrire un po’ tutte le attività commerciali, dall’abbigliamento che ha perso oltre 13mila negozi alle per le librerie (-628), le edicole (-3.083), i ferramenta (-4.115) e anche per i negozi di giocattoli (-1.034). A sostituire le botteghe, sempre di più, ristoranti e web e crescono, invece, i negozi specializzati in prodotti da pescheria (135 negozi in più, per una crescita del +1,6%), quelli che vendono bevande (+768, il 13,3% in più) e di frutta e verdura (+1.659).

Progressi annullati se aumenta l’Iva

E se da una parte il reddito di cittadinanza e gli altri interventi espansivi contenuti nella manovra (regime forfettario, etc..) potrebbero portare ad un aumento della spesa delle famiglie di 7 miliardi di euro in tre anni (2019-2021), il rischio è che l’aumento dell’Iva annulli tutti i progressi, portando ad una riduzione di 8,1 miliardi di euro della spesa delle famiglie, pari a 311 euro di minori consumi a testa. L’impatto dell’IVA avrebbe un effetto devastante anche sul tessuto delle imprese del commercio, già in sofferenza dice il rapporto di Confesercenti secondo cui la frenata dei consumi che seguirebbe l’incremento delle aliquote IVA porterebbe alla scomparsa di altri 9mila negozi circa da qui al 2020.  “Pesa la spada di Damocle delle clausole di salvaguardia: in caso di ritocco delle aliquote Iva, infatti, i consumi degli italiani subiranno una ulteriore contrazione con una riduzione complessiva della spesa delle famiglie, a regime, pari a -27,5 miliardi di euro, con conseguente colpo di grazia per il settore del commercio” – afferma Carlo Rienzi del Codacons. “Dati sconfortanti, che confermano quanto andiamo denunciando da anni” fa eco Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “Se i consumi in termini nominali sono lievemente cresciuti, quelli reali sono ancora inferiori rispetto ai valori pre-crisi. Un fatto molto preoccupante, considerato che la spesa delle famiglie rappresenta il 60% del Pil. Fino a che gli italiani continuano a stringere la cinghia non si potrà avere una crescita significativa, superiore agli zero virgola a cui purtroppo ci siamo orami abituati” conclude Dona.