Finanza L’Europa chiede di non aumentare i salari. Ecco perché

L’Europa chiede di non aumentare i salari. Ecco perché

16 Maggio 2023 14:05

L’appello dell’Europa: non aumentate i salari. Ecco perché

L’inflazione nell’Eurozona continua a preoccupare.

La crescita, almeno secondo la Commissione europea, risulta essere migliore del previsto, anche in Italia.

Questo significa, in estrema sintesi, che il rischio recessione risulta essere ormai alle spalle.

Ad essere un vero e proprio peso per le tasche delle famiglie e per gli interessi sui debiti pubblici è l’inflazione:

il potere d’acquisto delle famiglie è destinato ad erodersi giorno dopo giorno, mentre il debito pubblico dei vari paesi è destinato a gonfiarsi.

Nel frattempo le banche hanno iniziato a chiudere il rubinetto del credito.

I rischi maggiori per l’Eurozona sono legati a due fattori, strettamente connessi tra di loro: i prezzi al consumo in costante aumento e il rialzo dei prezzi deciso dalla Bce.

Queste, sostanzialmente, sono le ultime previsioni economiche della Commissione Ue, che, attraverso Paolo Gentiloni, commissario europeo per gli affari economici e monetari, lancia un vero e proprio avvertimento:

alzare i salari potrebbe contribuire a peggiorare il quadro generale.

Al centro dell’attenzione ci sono i salari

Uno dei problemi contro il quale la politica della Bce potrebbe andare a scontrarsi è quello dei salari.

A fare luce sul problema ci ha pensato Paolo Gentiloni, il quale spiega che “le pressioni sui prezzi potrebbero risultare più persistenti se i salari dovessero accelerare più di quanto attualmente previsto e senza un adeguamento dei margini di profitto. Una dinamica del genere porterebbe a un’inflazione di fondo più alta del previsto, e questa a sua volta innescherebbe una reazione più forte della politica monetaria, con ampie ramificazioni macroeconomiche per gli investimenti e i consumi”.

Una presa di posizione che va in netto contrasto con quanto stanno chiedendo i sindacati.

Parole che si scontrano anche con le recenti analisi effettuate dalla stessa Commissione europea e dalla Bce.

Nella maggior parte dei casi, quando i salari crescono in maniera sostenuta e rapida mentre l’inflazione è alta non è un fattore positivo:

secondo molti osservatori, nel momento in cui  diventano più alti, i salari fanno aumentare ancora di più l’inflazione.

Vengono vanificati, in questo modo, gli sforzi effettuati per migliorare il potere d’acquisto dei lavoratori.

Diciamo che siamo davanti al classico cane che si morde la coda.

Questa, però, è una regola accademica, che potrebbe risultare non adatta a comprendere cosa sta accadendo nel corso di questi mesi in Europa.

Alcuni economisti della Bce, in un recente articolo, hanno segnalato che la crescita dell’inflazione non sarebbe stata determinata dagli aumenti degli stipendi, che sono stati contenuti. Ma da un aumento esponenziale dei profitti.

Questa analisi è confermata da un recente documento di lavoro della Commissione europea, nella quale alcuni esperti sostengono che “l’evoluzione degli utili societari suggerisce che le aziende hanno uno spazio per ipotizzare aumenti salariali. Il progressivo esaurirsi del risparmio privato in eccesso accumulato durante la pandemia potrebbe comportare un poderoso calo nei consumi”.

Non si devono dimenticare, le possibili tensioni sociali e le eventuali ripercussioni sulla manodopera, che potrebbero tradursi in scioperi e carenze di lavoratori.

In altre parole non concedere aumenti di salario sarebbe un vero e proprio autogol per le imprese.

Le attese per il futuro

Bruxelles spera che il ribasso dei prezzi dell’energia possa proseguire, andando ad allentare l’inflazione.

Ma soprattutto evitando che possa essere necessario un ulteriore aumento dei tassi di interesse da parte della Bce.

Anche perché questi aumenti stanno avendo alcuni effetti negativi, tra i quali vi è l’aumento del costo dell’indebitamento degli stati membri, tra i quali c’è anche l’Italia.

Una recente previsione della Commissione europea ha messo in evidenza che la spesa per gli interessi in Italia passerà al 4,1% del Pil nel 2024 contro il 3,7% del 2021.

Secondo Gentiloni è necessario, poi, tenere sotto controllo il rallentamento “dei flussi di credito sia alle imprese che alle famiglie da parte delle banche. Il credito non è solo più costoso, ma anche più difficile da accedere“.