News Finanza Indici e quotazioni Borsa Tokyo in rialzo, Hong Kong oltre +1% nonostante raffica sospensioni titoli. Focus su Biden e indici Pmi

Borsa Tokyo in rialzo, Hong Kong oltre +1% nonostante raffica sospensioni titoli. Focus su Biden e indici Pmi

1 Aprile 2021 08:41

L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha chiuso in rialzo dello 0,72% a 29.388,87 punti. Solida la borsa di Shanghai, in crescita dello 0,50%, bene anche Sidney +0,56% e Seoul +0,66%. Ma è la borsa di Hong Kong protagonista oggi dei rialzi delle borse asiatiche, con l’indice di riferimento Hang Seng salito di oltre +1%.

Ieri Wall Street ha chiuso in rialzo, con lo S&P 500 salito dello 0,36% a 3.972,89 punti e il Nasdaq Composite balzato dell’1,54% a quota 13.246,87. Il Dow Jones Industrial Average ha perso invece 85,41 punti a 32.981,55 punti.

A livello societario, in Asia, focus su Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, balzata del 2% dopo che Reuters ha riportato che l’azienda ha annunciato oggi un piano per investire $100 miliardi nell’arco dei prossimi tre anni per aumentare la capacità dei suoi impianti.

La borsa di Hong Kong oggi è osservata speciale a causa della raffica di sospensioni di titoli dalle contrattazioni: sarebbero circa 50 le società quotate interessate. Motivo: il ritardo nella presentazione dei loro bilanci annuali.

Sebbene molte delle aziende coinvolte siano small-cap, non mancano nomi più grandi, come la società di gestione China Huarong Asset Management e il gruppo attivo nella produzione di energia solare GCL-Poly Energy.

Dalle comunicazioni di borsa emerge che molti di questi gruppi non sono riusciti a presentare i bilanci relativi al 2020 entro la fine di marzo: alcune hanno citato difficoltà provocate dalla pandemia Covid-19, ma la sospensione dei titoli è avvenuta comunque, in base alla normativa sulla quotazione della borsa di Hong Kong.

L’anno scorso, le autorità avevano chiuso invece un occhio, dopo che 384 società quotate non avevano presentato i loro risultati di bilancio entro il 31 marzo, permettendo comunque il trading dei loro titoli.

A livello globale gli investitori guardano al discorso con cui il presidente americano Joe Biden ha presentato a Pittsburgh il suo piano di rilancio delle infrastrutture da $2 trilioni: una proposta che il presidente punta a finanziare in parte con un aumento significativo delle tasse a carico delle aziende.

Il piano, battezzato American Jobs Plan, creerà “l’economia più resiliente e innovativa del mondo” ed è così ambizioso da richiedere tasse più alte sulle aziende per 15 anni, al fine di compensare del tutto una spesa che verrà spalmata in otto anni.

La proposta di Biden è di aumentare le tasse corporate al 28% dal 21% attuale, costringendo inoltre le multinazionali a pagare in modo significativo le tasse sui profitti che incassano negli Stati Uniti e che contabilizzano all’estero.

In Asia pubblicati gli indici Pmi manifatturieri di Cina, Giappone, Australia.

Alla Cina stavolta non è andata proprio bene, visto che il Pmi manifatturiero compilato congiuntamente da Caixin e Markit si è attestato a marzo al livello più basso in quasi un anno, a 50,6 punti. Il dato è stato inferiore ai 51,4 punti attesi e ha riportato un indebolimento rispetto ai precedenti 50,9 punti di febbraio.

La fase di espansione dell’attività economica cinese rimane comunque intatta, in quanto il valore dell’indice è superiore ai 50 punti, linea di demarcazione tra fase di contrazione (valori al di sotto) e di espansione (valori al di sopra).

Attenzione tuttavia al forte aumento dei costi input (come manodopera e materie prime), che hanno riportato il balzo più forte degli ultimi 40 mesi. Tra l’altro le imprese manifatturiere hanno continuato a tagliare la forza lavoro per il quarto mese consecutivo.

Al Giappone è andata meglio, anche se anche in questo caso il dato ha confermato l’aumento delle pressioni inflazionistiche.

Nel mese di marzo l’indice Pmi manifatturiero stilato congiuntamente da Jibun Bank e Markit si è attestato a 52,7 punti, rispetto ai precedenti 51,4 punti di febbraio, confermando l’espansione più forte dall’ottobre del 2018. I costi input sono saliti tuttavia al ritmo più veloce dalla fine del 2018, principalmente a causa dei costi delle materie prime più elevati.

In Australia, sempre nel mese di marzo, l’indice Pmi manifatturiero si è attestato a 56,8 punti, rispetto ai precedenti 56,9 punti, segnando un lievissimo dietrofront.

Il dato è stato rivisto al ribasso rispetto ai 57 inizialmente riportati con la lettura preliminare. Confermata comunque anche in questo caso la fase di espansione dell’attività economica australiana.

Rese note anche le vendite al dettaglio dell’Australia, scese dello 0,8% su base mensile a febbraio, con un balzo del 9,1% su base annua.