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Bolla immobiliare in Eurozona, il dilemma della Bce che ha le mani legate da Italia e Grecia

23 Febbraio 2022 15:20

sotterrare l’ascia di guerra anti-inflazioneAlzare i tassi o non alzarli: se il sentiero della Fed di Jerome Powell sembra per certi versi già tracciato, quello della Bce di Christine Lagarde appare tuttora molto nebuloso, in un contesto caratterizzato anche dal rischio di una bolla presente sul mercato immobiliare di alcuni paesi dell’area euro.

Della questione parla un’analisi di Reuters, che indica come cinque dei dieci paesi che nel 2020 hanno fatto fronte al rialzo più sostenuto dei prezzi delle case facciano parte dell’Eurozona, stando ai dati del Fondo Monetario Internazionale (Fmi).

La Bce avrebbe già drizzato le antenne, temendo una bolla immobiliare che potrebbe scatenare una crisi economica e finanziaria “proprio nel momento in cui il ricordo del crash del 2008 inizia a smorzarsi”.

Il punto è che la banca centrale europea guidata da Christine Lagarde ha le mani legate. Mani legate, in particolare, dall’Italia e dalla Grecia.

“La Bce – si legge nell’articolo – non può aumentare i tassi di interesse troppo velocemente o in modo eccessivo per aiutare alcuni paesi membri dell’Eurozona, in quanto così facendo colpirebbe altri paesi dell’area euro più indebitati, come l’Italia e la Grecia”. E la banca centrale “vuole evitare un’altra crisi dei debiti sovrani”.

Dunque?

L’articolo sottolinea che la Bce è così costretta a “fare affidamento sui governi, spesso riluttanti, per convincerli a raffreddare il mercato immobiliare attraverso strumenti cosiddetti macroprudenziali, che hanno  il vantaggio di mirare ai mercati immobiliari in modo diretto, più che all’economia nel suo complesso”, si legge nell’articolo di Reuters.

Specialmente in Eurozona, con gli stessi tassi (di riferimento) che si applicano a paesi diversi, gli strumenti macroprudenziali sono i più adatti a combattere le bolle del mercato immobiliare”, ha commentato Grégory Claeys, economista senior del think-thank Bruegel.

Il quadro non fa altro che confermare la frammentazione dell’Eurozona, e quanto le diverse necessità dei paesi membri condizionino le scelte delle autorità.

Tra gli strumenti macro-prudenziali, c’è la richiesta da parte dei governi alle banche di aumentare i livelli di capitale extra nel momento in cui erogano i mutui, oppure l’introduzione di tetti massimi -profondamente impopolari – sul valore dei mutui stessi, basati per esempio sul prezzo di acquisto dell’immobile o sul reddito del potenziale acquirente”.

Il problema è che la Bce non può imporre questi freni anti-speculazione in modo diretto, ma può solo lanciare avvertimenti o dare raccomandazioni attraverso lo European Systemic Risk Board (ESRB), ovvero l’organismo dell’Unione europea che vigila sulla stabilità finanziaria.

Tra le mosse più recenti, l’ESRB ha chiesto alla Germania e all’Austria di imporre limiti all’erogazione dei mutui, e di pretendere dalle banche aumenti di capitale.

Il punto è che richieste del genere non sono neanche vincolanti, tanto che il ministro delle Finanze tedesco ha rimandato al mittente la raccomandazione di introdurre un ratio loan-to-value agli acquirenti di abitazioni.

L’articolo ricorda che la Germania ha appena annunciato un piano per introdurre qualche limite: peccato che stia intervenendo dieci anni dopo l’inizio di un boom immobiliare che ha visto i prezzi delle case – e a dirlo è la stessa banca centrale tedesca Bundesbank – balzare a livelli sopravvalutati del 20-30%.

Quando si fa ricorso a misure macroprudenziali severe, si disturba il party”, ha commentato Joerg Kraemer, capo economista di Commerzbank.

L’ERSB ha avvertito questo mese che paesi come la Finlandia e l’Olanda non stanno facendo abbastanza per frenare l’erogazione dei mutui nonostante le sue raccomandazioni.

L’Irlanda è un altro mercato immobiliare sotto osservazione. Il paese ha assistito a un boom dei prezzi delle case pari a + 14,4% nel 2021 nonostante le restrizioni severe applicate nel 2015. Qui il tetto sui mutui è stato fissato a un valore pari a 3,5 volte il reddito annuale lordo di chi accende un mutuo.

La preoccupazione di alcuni esponenti della Bce è tale – tra l’altro in tempi di inflazione bollente anche nell’area euro, con l’indice dei prezzi al consumo in crescita del 5,1% su base annua a gennaio – che qualcuno sta suggerendo di dare ai prezzi delle case un peso maggiore nelle stime sull’inflazione e anche nella decisione sui tassi di interesse, come accade tra l’altro in Nuova Zelanda. A tal proposito proprio oggi la Reserve Bank of New Zealand ha alzato i tassi, anticipando nuove strette monetarie.

Tempi difficili per le banche centrali, che fanno fronte allo spettro di un’inflazione in forte accelerazione, ora anche a causa del pericolo shock energetico fomentato dalla crisi ucraina.

La minaccia di un’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin sta alimentando infatti sempre più il rischio che l’inflazione, invece di rallentare, aumenti. Si parla di rischio boom inflazione in Usa di oltre il 10% su base annua e di prezzi del petrolio che potrebbero schizzare fino a +40%. Anche se poi BlackRock consiglia alle banche centrali di sotterrare l’ascia di guerra contro l’inflazione.

E questo perchè strette monetarie aggressive lanciate per combattere una inflazione scatenata non dal boom della domanda, ma dai problemi dell’offerta, “non farebbero infatti altro – secondo BlackRock – che sabotare un’attività economica che non si è ancora del tutto ripresa”.