Finanza Notizie Italia Fine crisi Eurozona? WSJ: ‘sì, se non fosse per l’Italia. Roma riporta spettro fuga capitali’

Fine crisi Eurozona? WSJ: ‘sì, se non fosse per l’Italia. Roma riporta spettro fuga capitali’

20 Agosto 2018 11:18

“L’italia – un paese più ricco che dispone di un elevato tasso di risparmio e un paese che è molto più profondamente integrato nell’economia europea, ha molto di più da perdere rispetto alla Grecia”. Parola di Jacob Funk Kirkegaard, professore senior presso il Peterson Institute for International Economics, di Washington.

Kirkegaard parla al Wall Street Journal, che dedica un ampio articolo alla situazione politico-economico-finanziaria in cui versa l’Italia, nelle stesse ore in cui la tragedia greca finisce ufficialmente.

Si può parlare a questo punto anche di fine della crisi dell’Eurozona? Non proprio, sottolinea il Wall Street Journal, e il motivo è l’Italia:

“Le scosse di mercato che si sono ripresentate la scorsa settimana sul debito italiano e i nuovi attacchi contro l’establishment europeo da parte dei politici di Roma lasciano pensare che lo spettro di una destabilizzante fuga di capitali da un paese della zona euro possa ripresentarsi di nuovo”.

“As Euro Crisis Ends, Italy Stokes Fear of Revival”: è questo il titolo dell’articolo firmato da Marcus Walker, che scrive che “la fine del bailout maratona della Grecia, nella giornata di lunedì (oggi), decreterebbe la fine della crisi dell’Eurozona, se solo non fosse per l’Italia, e a causa dei timori assillanti sul fatto che, dopo tutto, l’euro non sia stato messo in sicurezza”.

Il Wall Street Journal, nel ricordare gli sforzi che la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron stanno facendo per rafforzare l’area, aggiunge anche che queste misure ambiziose potrebbero non essere sufficienti, e che “un primo test arriverà quest’autunno, quando il nuovo governo populista dell’Italia dovrà presentare la legge di bilancio e spiegare come intende pagare quelle promesse costose che ha fatto agli elettori”.

“Per alcuni italiani – prosegue l’articolo – l’euro viene visto come una valuta straniera. E il ministro euroscettico per gli Affari europei Paolo Savona lo ha definito ‘una gabbia tedesca’.

Viene poi ricordata l’opera salvifica della Bce di Mario Draghi. Opera salvifica che ha appunto salvato l’Italia dalla febbre dello spread e dunque dagli attacchi del mondo della finanza ma che, proprio per il suo valore cruciale, alimenta timori su cosa accadrebbe se venisse a mancare.

In particolare, anche lui interpellato dal WSJ, Paul De Grauwe, tra gli economisti più prominenti in Europa, ricorda il “Whatever it takes” di Draghi. Ma, visto che Draghi lascerà lo scranno più alto della Bce l’anno prossimo, De Grauwe si chiede:

“Siamo sicuri che il prossimo numero uno della Bce avrà voglia di fare lo stesso? Siamo sicuri che la configurazione politica dell’Eurozona lo permetterà?”.

“Se poi i leader politici interpretassero i movimenti dei mercati (dello spread BTP-Bund nel caso dell’Italia) come una punizione contro l’Italia, allora l’avversione politica contro l’Eurozona potrebbe intensificarsi”, avverte l’economista.

Ancora, Kirkegaard mette in evidenza che alla fine il vero bastione per l’euro risiede nella volontà dei cittadini europei medi di non vedere i loro risparmi e i loro tenori di vita decimati, nell’eventualità di un caos scatenato dalla rottura dell’euro:

“Questa è la lezione chiave della crisi greca – dice – Lasciare l’euro forse non è impossibile, ma i costi sono così catastrofici che, politicamente, sarebbe insostenibile”.