Finanza Notizie Mondo Tesla sorprende i mercati, fa utili nonostante il COVID. Ma c’è il ‘trucco’ del business crediti green

Tesla sorprende i mercati, fa utili nonostante il COVID. Ma c’è il ‘trucco’ del business crediti green

23 Luglio 2020 11:22

E ora manca davvero poco al momento in cui Tesla farà il suo ingresso trionfale nell’indice S&P 500. La creatura di Elon Musk sorprende ancora i mercati, con risultati di bilancio di tutto rispetto, che lasciano esterrefatti soprattutto perchè archiviati in tempi di pandemia coronavirus-COVID-19.

Il periodo a cui si riferiscono è, infatti, il secondo trimestre, che ha visto non solo l’economia americana, ma anche quella globale andare praticamente in quarantena.

Nonostante questo, nonostante l’alt della produzione, Tesla ha battuto la pandemia. Com’è possibile?

Già all’inizio di luglio Tesla aveva tolto il velo sulle vendite del secondo trimestre, annunciando di aver consegnato 90.650 veicoli circa, ben al di sopra delle 72.000 consegne stimate dagli analisti di FactSet (tra cui i più bullish avevano scommesso anche su quota 86.000, superata anch’essa).

In quell’occasione il colosso delle auto elettriche aveva reso noto, anche, di aver prodotto 82.000 auto nel trimestre terminato a giugno, nonostante il suo principale impianto di Fremont, California, fosse rimasto chiuso per gran parte del trimestre.

Veniamo ai numeri, che hanno portato il titolo a balzare del 5% nelle contrattazioni dell’afterhours, e dunque a inanellare quei guadagni che, dall’inizio di questo 2020, sono stati di quasi il 300%, a fronte di un rialzo dell’1% circa dell’indice S&P 500 e della perdita del 6% del Dow Jones Industrial Average. Guadagni che hanno fatto balzare la capitalizzazione a un valore di $95 miliardi superiore a quello di Toyota Motor, facendo così di Tesla il colosso dell’auto numero uno al mondo in termine di valore di mercato.

Il titolo ha segnato un nuovo record di chiusura, nella sessione di lunedì 20 luglio a $1.643, dopo essere schizzato a un valore record intraday a $1.794,99 lo scorso 13 luglio.

LA GRANDE SPINTA ALLA REDDITIVITA’ DEI CREDITI GREEN

C’è però un discorso da fare, che viene messo in rilievo da un articolo di Car and driver.

Facendo riferimento al terzo trimestre consecutivo che ha visto il bilancio del gruppo in attivo, l’articolo fa cita il contesto economico indubbiamente difficile, ma anche la grande spinta che la società ha ricevuto dai cosiddetti crediti green o, anche, regulatory credits.

Di cosa si tratta? I crediti green sono letteralmente crediti o punti che vengono assegnati dallo stato o dal governo federale a quelle società che apportano all’ambiente un inquinamento pari a zero.

A tal proposito, va ricordato che i produttori di auto che dispongono di un surplus di crediti possono venderli ad altre aziende del settore, che possono trovarsi nella necessità di ottenere di questi punti per attenersi a quanto stabilito dalla legge.

Per fare un esempio: nello stato della California e in altri americani, i produttori di auto come Tesla, Ford, General Motors & Co (dunque anche Fiat Chrysler) devono osservare alcune leggi che impongono al settore di osservare alcuni valori target di emissione per tutti i veicoli che producono e vendono. In caso contrario, le aziende corrono il rischio di essere colpite da sanzioni pesanti o, addirittura, di veder revocata la loro licenza.

Ora, Musk e i suoi sono riusciti a trasformare queste disposizioni in un vero e proprio business. Tra gli acquirenti di questi crediti green c’è stata anche FCA (ma se FCA abbia acquistato anche stavolta i crediti green di Tesla finora non è dato sapere, almeno per ora): Bloomberg riportò infatti la scorsa estate che sia General Motors che Fiat Chrysler avevano comunicato al tribunale del Delaware di aver raggiunto in precedenza accordi per acquistare i crediti sulle emissioni da Tesla.

In ogni caso, dal bilancio emerge che Tesla ha incassato nel secondo trimestre del 2020 $428 milioni grazie alla vendita di questi crediti, un record per il gigante, tra l’altro in crescita rispetto al trimestre precedente ($354 milioni). Senza il fattore “regulatory credits”, il colosso non avrebbe incassato profitti. Per la precisione, il gruppo californiano ha reso noto di aver riportato nel secondo trimestre utili per $104 milioni, o 50 centesimi per azione, rispetto alla perdita di $408 milioni, o di $2,31 per azione, dello stesso periodo dell’anno precedente.

L’utile adjusted – ovvero l’utile depurato dalle poste di bilancio straordinarie – è stato pari a $2,18 per azione, rispetto alla perdita adjusted di $1,12 del secondo trimestre del 2019. Il risultato è stato decisamente superiore alle attese degli analisti intervistati da FactSet, che avevano previsto una perdita per azione su base adjusted di 2 centesimi.

Il fatturato è sceso però del 5% a $6,04 miliardi dai $6,35 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno, facendo comunque decisamente meglio rispetto ai $5,15 miliardi stimati.

C’è da dire che Elon Musk a un certo punto ha deciso di snobbare il lockdown, riaprendo la fabbrica di Fremont, California, a maggio, nonostante lo shutdown imposto dalle autorità, e beneficiando tra l’altro anche dell’assist del presidente Donald Trump, che su Twitter, in quel caso, scrisse:

“California should let Tesla & @elonmusk open the plant, NOW. It can be done Fast & Safely!”. Ovvero: “La California dovrebbe permettere a Tesla & @elonmusk di riaprire l’impianto, ORA. Può essere fatto velocemente e in condizioni di sicurezza!”.

ELON MUSK: LA DOMANDA NON E’ IL NOSTRO PROBLEMA

Tornando al bilancio, in una lettera agli azionisti Tesla ha scritto che i progressi compiuti nel primo semestre dell’anno “ci posizionano a un secondo semestre del 2020 di successo“, aggiungendo che “la produzione delle nostre fabbriche esistenti continua a migliorare al fine di soddisfare la domanda”.

Per questo, “stiamo aggiungendo più capacità” produttiva. Non per niente lo stesso Elon Musk, in una conference call con gli analisti, ha tenuto a precisare che “la domanda non è il nostro problema” e che la maggior parte delle sfide, che includono la scarsità di alcune componenti, riguarda la catena dell’offerta e i problemi di produzione.

I termini coronavirus COVID-19 non sono stati mai citati, né nella lettera agli azionisti, né durante la conference call di Musk con gli analisti.

Musk ha iniziato la call ringraziando i dipendenti per gli sforzi fatti e si è limitato a dire: “Ci sono state così tante sfide, troppo numerose da citare, ma ora se ne sono andate”.

Musk ha proferito poi una frase anche piuttosto enigmatica: “Ovviamente non dobbiamo andare in bancarotta, è bene sottolinearlo …ma non stiamo neanche cercando di essere super redditizi. Credo che ciò che vogliamo sia semplicemente essere lievemente redditizi, massimizzare la crescita e rendere le auto il più possibile accessibili”.