Notiziario Notizie Altri paesi Europa Tassare Musk e gli altri super-ricchi, ecco perché è una missione quasi impossibile

Tassare Musk e gli altri super-ricchi, ecco perché è una missione quasi impossibile

16 Novembre 2021 13:25

Il duello a distanza tra Elon Musk e Bernie Sanders ha acceso ulteriormente i riflettori globali sul nodo tassazione dei super-ricchi negli Stati Uniti. Tutto è nato dopo che il presidente della Commissione Bilancio del Senato, Bernie Sanders, su Twitter ha invitato gli americani ricchi a “pagare la loro giusta quota” di tasse. “Continuo a dimenticare che sei ancora vivo” gli ha risposto provocatoriamente Musk che ha poi aggiunto: “Vuoi che venda più azioni, Bernie? Basta dirlo”.

La disputa deriva dal fatto che imprenditori ultramiliardari come Elon Musk – di gran lunga l’uomo più ricco al mondo grazie al boom di Tesla – abbiano la possibilità di pagare poche tasse in quanto le loro fortune sono legate al mercato azionario.

Molti di questi miliardari pagano poche tasse, e questo ha scatenato una grande spinta da parte dei progressisti per una “tassa sulla ricchezza”.

Il senatore Ron Wyden, presidente della Commissione Finanze del Senato americano, ha presentato una proposta, su una “tassa sui miliardari”, prendendo di mira gli ultra-ricchi ma non è riuscito ad andare lontano visto che appena un giorno dopo aver proposto il piano, è stato rigettato.

I tesori azionari difficili da tassare 

Gli esperti fiscali non sono rimasti sorpresi. Come si è scoperto, tassare i miliardari è incredibilmente difficile, e una tassa sulla ricchezza sarebbe ancora più difficile da realizzare.

Ecco alcune ragioni del perché (e perché la proposta di Wyden non è riuscita a guadagnare consensi?). Negli ultimi 12 mesi, mentre molti americani hanno lottato per stare a galla complice la pandemia, i miliardari statunitensi hanno visto il loro patrimonio netto complessivo aumentare di più di 1.200 miliardi di dollari, secondo Bloomberg News. La loro ricchezza totale è di circa 5 trilioni di dollari, o approssimativamente la dimensione dell’intera economia del Giappone e quasi due volte quella dell’India.

Eppure, secondo un recente rapporto di ProPublica, alcune delle persone più ricche del mondo hanno pagato poco o niente in tasse sul reddito federale. Com’è possibile? Fondamentalmente il motivo ha a che fare con il modo in cui il sistema fiscale degli Stati Uniti è strutturato. Il reddito è soggetto alle tasse federali, ma la ricchezza no. E i super ricchi spesso guadagnano la maggior parte del loro compenso per azioni delle loro aziende, non da stipendi. Questo significa che hanno visto la loro ricchezza aumentare mentre i mercati hanno stabilito dei record durante la pandemia.

“Non prendo uno stipendio in contanti o un bonus da nessuna parte”, ha scritto lo stesso Elon Musk su Twitter questo mese quando si è lanciato nel dibattito sulla tassa sulla ricchezza. “Ho solo azioni, quindi l’unico modo per me di pagare le tasse personalmente è vendere azioni”.

Ottenere un compenso in azioni ha un enorme vantaggio negli Stati Uniti; le azioni non sono soggette a tasse a meno che non siano vendute, e i ricchi spesso non vendono le loro partecipazioni a meno che non siano costretti a farlo. Spesso le passano ai figli, che a loro volta continuano a tenere le azioni.

E se i ricchi avessero bisogno di soldi? Piuttosto che vendere le loro azioni, i super ricchi possono prendere in prestito le loro partecipazioni. In effetti, li usano come garanzia per i prestiti. I miliardari usano anche le azioni per coprire altre spese.

Perché la proposta Wyden si è subito arenata?

Il senatore Wyden ha così proposto una tassa strettamente mirata ai beni dei miliardari americani. Il Comitato congiunto sulla tassazione al Congresso ha analizzato la proposta di Wyden, e i suoi economisti stimano che potrebbe raccogliere 557 miliardi di dollari di entrate nel prossimo decennio. Ma perché non è riuscita a passare?

Ad agire da freno al materializzarsi di una tassa sulla ricchezza è il Congresso stesso. Molti legislatori temono le conseguenze politiche di eliminare le scappatoie o aumentare le tasse. Il senatore Joe Manchin che si è opposto alla proposta, ha anche detto che i super ricchi non dovrebbero essere vilipesi quando “creano molti posti di lavoro e molti soldi, e danno molto alle attività filantropiche”. “Alla fine, finiscono i soldi degli altri e poi vengono per te”, ha scritto Musk dicendo che Wyden stava solo prendendo di mira persone come lui.

La legislazione fiscale degli Stati Uniti è piena di scappatoie, e di volta in volta, i miliardari statunitensi hanno dimostrato quanto siano abili i loro contabili a farne uso. I ricchi possono anche trasferirsi per evitare di pagare tasse più alte. Recentemente, Musk si è trasferito in Texas, uno stato che non ha imposte sul reddito.

La Francia è un altro esempio dei limiti che ha l’imporre una tassa sul patrimonio. Dopo aver imposto tasse più alte sui ricchi, più di 40.000 milionari hanno lasciato il paese.

Le mosse di Musk

Elon Musk ieri ha venduto altre 930 milioni di dollari in azioni Tesla per adempiere agli obblighi di ritenuta fiscale relativi all’esercizio delle stock option. Musk ha venduto 934.091 azioni dopo aver esercitato opzioni per acquistare 2,1 milioni di azioni a $ 6,24 ciascuna (ben sotto il valore attuale delle azioni Tesla che ieri hanno chiuso a 1.013,39 $). Musk è tenuto al pagamento delle imposte sul reddito sulla differenza tra il prezzo di esercizio e il fair value di mercato delle azioni.

E’ la seconda volta in una settimana che il ceo di Tesla esercita la sua stock option. Lunedì scorso ha venduto altre 934.000 azioni per 1,1 miliardi di dollari dopo aver esercitato opzioni per acquisire quasi 2,2 milioni di azioni.

Le due vendite relative alle stock option sono state impostate a settembre tramite un piano di trading che consente agli addetti ai lavori di stabilire transazioni pianificate in base a un programma, si legge nei documenti.

Da fine del 2020 Musk aveva un’opzione per acquistare 22,86 milioni di azioni, che scadranno nell’agosto 2022.