Finanza Notizie Italia Visco (Bankitalia) suona allarme uscita euro, mentre spread presenta conto di 100 miliardi

Visco (Bankitalia) suona allarme uscita euro, mentre spread presenta conto di 100 miliardi

16 Maggio 2019 14:27

E con lo spread che torna a schizzare verso l’alto sulla scia delle dichiarazioni del vicepremier Matteo Salvini – oggi il differenziale è comunque sotto controllo attorno a 280 punti – si torna a parlare anche del rischio di uscita dell’Italia dall’euro.

Di questo non ne parla uno qualsiasi, ma lo stesso governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, in un intervento all’Aaron Institute for Economic Policy Conference a Herzliya, in Israele. Il riferimento è al trend dei cds.

I premi sui credit default swap suggeriscono che il differenziale di rendimento sia cresciuto sia per effetto dell’aumento del rischio di credito sia per il rischio di ridenominazione dei bond in una differente valuta“, ossia la possibilità che l’Italia esca dall’euro”.

Visco lancia l’allarme sullo spread e sul debito pubblico.

L’alto debito pubblico in rapporto al Pil espone l’Italia alla volatilità dei mercati finanziari – spiega – La riduzione del premio per il rischio sui titoli di Stato è un obiettivo cruciale“, sottolinea, ricordando come lo spread BTp/Bund abbia aperto la settimana a quota 270, più del doppio rispetto ai livelli prima delle elezioni politiche 2018 (e, aggiungiamo noi, balzando fin oltre i 290 punti base nella sessione di ieri, quando Salvini non solo non ha fatto dietrofront su quanto aveva affermato nelle ore precedenti – in relazione alla volontà, se necessario, di sforare i vincoli del 3% sul deficit e del 130-140% sul debito – ma ha rincarato anche la dose.

Questo, in una situazione in cui l’Italia, ricorda Visco- deve rifinanziare un ammontare annuale di titoli che attualmente è di 400 miliardi.

La maturità del debito pubblico è oggi superiore ai sette anni, afferma ancora il governatore e, “di conseguenza, l’impatto iniziale sul costo del debito di tassi di interesse più alti è piccolo. Ma se l’aumento dei tassi persiste inevitabilmente peserà sul costo del debito”.

Secondo Visco, dunque, è “di vitale importanza ridurre il differenziale tra la spesa per interessi sul debito pubblico e il tasso nominale di crescita del Pil che è positivo in Italia, a differenza di quanto avviene in molti altri paesi avanzati, mantenendo allo stesso tempo un adeguato avanzo primario”.

Tra l’altro, anche sui prestiti a famiglie e imprese “cominciano a emergere segni di tensione” e le condizioni del credito “si sono inasprite, in particolare per le piccole imprese, in seguito all’aumento dei costi di finanziamento delle banche e al deterioramento delle prospettive economiche”.

100 MILIARDI DI EURO: IL COSTO DELLO SPREAD DA ELEZIONI MARZO 2018

Del costo dello spread dedica oggi un articolo il quotidiano Il Messaggero, riportando alcuni calcoli sulle perdite che l’impennata del differenziale ha già provocato e sta provocando agli italiani:

“Dal voto di marzo 2018, la ricchezza degli italiani, fatta di titoli di Stato, azioni e obbligazioni, risulta ancora in rosso di almeno 90 miliardi stando alla fotografia della Fondazione Hume fino al 3 maggio scorso, quando Trump ha fatto scattare nuove minacce con tanto di escalation nella guerra commerciale. Da allora la Borsa ha perso un altro 5% circa e lo spread ha guadagnato oltre 30 punti in una manciata di giorni facendo avvicinare il conto a 100 miliardi. Non solo. A fine 2018 Bankitalia aveva calcolato 5 miliardi di interessi in più nel 2019 per l’effetto spread, ma aveva anche immaginato fino a 9 miliardi in più di spesa fino al 2020 con i tassi oltre quota 300. Dunque, un autogol clamoroso per una politica di bilancio in affanno che dovrebbe ora andare a caccia di almeno 35 miliardi. (..) E non è finita, a quanto pare. I mercati prevedono un certo mal di spread almeno fino alle elezioni europee, se non fino alla riunione Bce del 6 giugno. Potrebbero essere i dettagli di una manovra T-LTRO robusta a riportare un po’ di ottimismo sulla carta italiana che da inizio anno, è bene ricordarlo, ha comunque fatto meglio di tutti gli altri titoli di Stato“.

In tutto questo, il vicepremier pentastellato Luigi Di Maio continua a indossare le inusuali vesti di paladino dei conti pubblici:

“Guardiamo all’Italia prima di parlare di limiti da infrangere sul debito pubblico. Non è il caso di parlare di limiti da superare ma di qualità della spesa e qualsiasi investimento in deficit deve puntare alla crescita”, afferma a Firenze, in occasione della presentazione di “WiKi imprese al cuore dello sviluppo”.

La legge di bilancio, sottolinea il ministro dello Sviluppo economico, “dovrà guardare prima in Italia, non discuto che i termini dell’austerity vadano totalmente rivisti, siamo tutti d’accordo che alcuni di quei parametri che hanno bloccato investimenti vanno rivisti” ma “nessuno è d’accordo a superare del 140% il rapporto tra debito e pil perchè altrimenti questo vuol dire che il debito è fuori controllo”.

SALVINI: RENZI E DI MAIO VANNO D’ACCORDO SU TANTI TEMI

Dal canto suo, a dieci giorni dalle elezioni europee, Salvini sferra un altro attacco al M5S. “E’ strano che negli ultimi giorni Renzi e Di Maio vadano d’accordo su tanti temi – dice ironicamente nel corso di un comizio a Foggia –  no autonomia, no flat tax, no trasporti. C’è bisogno di sì”.

Per poi sbottare: “Mi sono rotto di un esercito di rompicoglioni che arriva qua a spacciare e rubare. Se qualcuno nel Movimento 5 stelle ha nostalgia dei porti aperti vada a casa. Se qualcuno ha nostalgia di fare un governo con la sinistra lo dica chiaro”.

Ma oltre a Salvini sbotta anche il fondatore del M5S Beppe Grillo:

“Ritengo le idee di Salvini allo stesso livello dei dialoghi di uno spaghetti western. Lo manderei a calci a fare il suo lavoro al Viminale…però siamo al governo, dobbiamo essere più consapevoli”.

Nell’intervista che sarà pubblicata domani dal settimanale “Sette” del Corriere della Sera, Grillo si complimenta con Di Maio per l’accordo sull’Ilva, per poi rilasciare un commento sulle elezioni europee del prossimo 26 maggio:

“Se andranno male devo sfiduciarlo? Quello che conta è non perderci, non la possibilità di perdere”.

Non manca un attacco nei confronti di Carlo Calenda del Pd che definisce: “Uomo autoreferentialis, una specie di gigolò confindustriale”.