Notiziario Notizie Italia Salario minimo a 9 euro per legge: quanto costerà alle imprese? Ecco tutti gli effetti a cascata

Salario minimo a 9 euro per legge: quanto costerà alle imprese? Ecco tutti gli effetti a cascata

24 Giugno 2019 10:01

La proposta di legge di portare il salario minimo orario a 9 euro lordi, avanzata dal Movimento 5 Stelle, avrebbe un pesante impatto sui costi delle imprese, soprattutto piccole e medie, che potrebbe scatenare una serie di effetti a cascata su occupazione, investimenti e prezzi finali dei beni e servizi. Soprattutto se la proposta non verrà controbilanciata da un calo di tasse e altri oneri aziendali. Ecco cosa dicono alcuni studi.

Il costo per le imprese
Innanzitutto per stimare il costo in capo alle imprese, occorre conoscere la possibile platea dei destinatari della proposta di legge: si tratterebbe di almeno 3 milioni di lavoratori nel settore privato (senza contare circa 1 milione di occupati nel settore agricolo e domestico). Ebbene, se la paga oraria venisse portata a 9 euro lordi, il costo per le aziende raggiungerebbe i 4,3 miliardi che, se non trasferito sui prezzi, porterebbe a una compressione di circa l’1,6% del margine operativo lordo. Considerando poi anche il settore agricolo e domestico, si arriverebbe a un costo del lavoro complessivo per le aziende di oltre 5,5 miliardi.

Si deve poi aggiungere l’effetto sull’adeguamento dei livelli di inquadramento dei dipendenti che già sono sopra la soglia dei 9 euro lordi (effetto trascinamento verso l’alto delle retribuzioni di base). Appare evidente che, se si ritocca all’insù la retribuzione per i livelli più bassi, la stessa operazione dovrà essere effettuata anche per gli inquadramenti immediatamente superiori. Se questo incremento fosse, in via prudenziale, anche soltanto del 5%, avremmo un aumento del costo del lavoro triplicato: circa 12 miliardi di euro rispetto ai 4,3 miliardi stimati dall’Istat. Quindi, secondo i calcoli del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, l’introduzione di questa misura del salario minimo, comporterebbe un aumento medio del costo del lavoro per le imprese italiane non inferiore al 20%.

Gli effetti a cascata
Oltre al costo del lavoro effettivo, secondo il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, occorre tenere presente una serie di effetti a cascata. L’aumento della retribuzione, infatti, comporterebbe una minore disponibilità di risorse da destinare a trattamenti retributivi aggiuntivi, premi di produzione, retribuzione incentivante e trattamenti di welfare aziendale, a discapito della produttività, del benessere organizzativo e della meritocrazia. Inoltre, ciò rischierebbe di produrre una nuova ondata di delocalizzazioni e una diminuzione degli investimenti esteri in attività produttive in Italia. Non meno allarmante è il fenomeno del lavoro sommerso che di conseguenza potrebbe alimentarsi.

Maggiori rischi per le imprese delle aree più in difficoltà
Lo sottolinea anche l’ufficio studi della Cgia, secondo cui l’introduzione del salario minimo per legge avrebbe delle conseguenze molto negative per le aziende artigiane, soprattutto per quelle bicate nelle aree economiche più arretrate del Paese che, per ragioni storiche e culturali, non applicano compiutamente i contratti nazionali. Probabilmente, l’aumento dei costi salariali in capo alle aziende spingerebbe molte realtà produttive a licenziare i beneficiari di questo provvedimento di legge, facendo così aumentare l’esercito dei lavoratori in nero.

Guardare al salario differito, già oggi oltre i 9 euro
Sempre in riferimento al settore artigiano, che presenta i livelli retributivi tra i più bassi, la Cgia precisa che già oggi nei principali contratti nazionali di lavoro le soglie minime orarie lorde complessive sono comunque superiori ai 9 euro lordi. La questione, secondo l’istituto di Mestre, dovrebbe infatti tenere conto non solo della retribuzione in sé ma del cosiddetto salario differito, vale a dire tutte le voci che non hanno un impatto diretto sulla busta paga, ma sono altrettanto importanti. Il riferimento va alle festività, ai permessi, alle malattie, alla maternità, alla formazione, ecc. “Se, inoltre – precisa il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo – teniamo conto anche degli straordinari, del Tfr, della tredicesima/quattordicesima mensilità e, ove esistono, del welfare aziendale e dei contratti integrativi territoriali, già oggi il salario minimo orario dei lavoratori interessati dai contratti collettivi nazionali è nettamente superiore ai 9 euro lordi chiesti dai 5Stelle”.

Il confronto con l’Europa
Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro sottolinea che la fissazione di un salario minimo ad un valore pari a 9 euro collocherebbe l’Italia al quinto posto nell’ambito dei Paesi nei quali esiste una retribuzione oraria minima per legge (fonte WSI-Mindestlohndatenbank). Inoltre, secondo quanto emerge dai dati Ocse, considerando il rapporto tra salario minimo e salario mediano, l’importo di 9 euro lordi all’ora, sarebbe il più elevato tra i Paesi Ocse.

Necessità di copertura
In ogni caso per le imprese l’aumento del costo del lavoro comporterebbe una diminuzione del Margine Operativo Lordo. Il rischio correlato, quindi, potrebbe essere l’aumento del prezzo dei beni e servizi, che potrebbe vanificare i benefici sui consumi e sul potere d’acquisto che la norma sul salario minimo tende a generare. Per evitare gli effetti negativi sulle imprese, bisognerebbe garantire, come misura di bilanciamento, una diminuzione del costo del lavoro (diminuzione della pressione fiscale e contributiva) di un valore pari almeno ai maggiori costi che le imprese dovranno direttamente sostenere per adeguare le retribuzioni al salario minimo.

Tagliare il cuneo fiscale
Secondo la Cgia, in alternativa alla proposta dei 5Stelle, la soluzione che si potrebbe avanzare per rendere le buste paga degli impiegati e degli operai più pesanti è ridurre il cuneo fiscale, in particolar modo la componente fiscale in
capo ai lavoratori dipendenti.