Finanza Notizie Italia Pensioni: verso flop Ape sociale, valanga di domande respinte. La replica dell’Inps

Pensioni: verso flop Ape sociale, valanga di domande respinte. La replica dell’Inps

12 Ottobre 2017 17:47

Si profila un nutrito numero di domande respinte tra le oltre 60 mila richieste di pensione anticipata presentate dagli italiani. L’allarme arriva da un Dossier dell’Area Previdenza di Inca nazionale, il patronato della Cgil. Il responso dell’INPS sulle oltre 60 mila domande di Ape sociale è atteso il 15 ottobre rischia di contenere amare sorprese per chi ne ha fatto richiesta. Secondo il Patronato della Cgil, l’Istituto previdenziale pubblico si rende protagonista di interpretazioni eccessivamente restrittive delle norme, tali da ridurre in modo consistente il numero dei beneficiari dell’indennità Ape sociale a 63 anni di età, anche se sono nelle condizioni di particolare fragilità occupazionale. Un flop ampiamente prevedibile, secondo Inca, “a causa delle eccessive rigidità imposte da Inps, in contrasto con le intenzioni del legislatore e in alcuni casi addirittura contro legge, che rischia di vanificare del tutto le pur magre aspettative di reinserire qualche elemento di flessibilità nel sistema previdenziale italiano, più volte richiesto unitariamente da Cgil, Cisl e Uil”.

Analizzando le diverse segnalazioni che arrivano dal territorio, l’Inca elenca alcuni casi. La prima riguarda l’applicazione del requisito di riconoscimento dello stato di disoccupazione, indispensabile per poter anticipare il pensionamento a 63 anni. La norma stabilisce che possono fare domanda coloro che risultino in stato di disoccupazione a seguito di licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale (art. 7 della legge 604/1966) e senza ammortizzatori sociali da almeno 3 mesi.

Secondo l’Inps anche un solo giorno di rioccupazione, retribuito con voucher, successivo a tale periodo, fa perdere il diritto all’indennità Ape sociale, nonostante tale interpretazione confligga con quanto disposto dall’articolo 19 del d.lgs 150/2015, laddove si precisa che “sono considerati disoccupati i soggetti privi di impiego che dichiarano, in forma telematica, al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro (…), la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l’impiego”. Secondo il Patronato della Cgil, l’Inps, nel respingere le domande trascura le caratteristiche peculiari dei compensi percepiti a titolo di lavoro occasionale di tipo accessorio che, sin dalla sua prima formulazione normativa, è sempre stato un reddito esente da imposte, che non incide sullo stato di disoccupazione. Pertanto, il lavoratore che abbia reso la propria disponibilità all’attività lavorativa e alla partecipazione alle politiche attive, come vuole la norma, e che abbia i requisiti contributivi e anagrafici per l’Ape sociale (63 anni di età e 30 anni di contributi) ha diritto a tale indennità. Il principio, invece, cui si ispira l’Inps per giustificare il rigetto delle richieste è quello secondo il quale il lavoratore perde lo stato di disoccupato anche per un solo giorno di lavoro svolto successivamente ai tre mesi di fruizione degli ammortizzatori sociali.

Coerente con questa stessa rigidità l’Inps sta respingendo le richieste di coloro che hanno svolto, dopo il periodo di percezione dell’ammortizzatore sociale, qualsiasi attività, anche se retribuita in misura inferiore ai limiti previsti per il mantenimento dello stato di disoccupazione. Una contraddizione palese “irrazionale e contraddittoria”, secondo l’Inca, considerando che l’indennità Ape sociale, per espressa previsione di legge (art. 8 del DPCM n. 88 del 23 maggio 2017), è compatibile con la percezione dei redditi da lavoro dipendente o parasubordinato nel limite di 8.000 euro annui e dei redditi derivanti da attività di lavoro autonomo nel limite di 4.800 euro annui.

A queste evidenti contraddizioni di Inps, il patronato della Cgil denuncia anche casi di richieste respinte addirittura “senza o con motivazioni generiche”, comunque tali “ da non consentire al lavoratore di difendersi in modo adeguato, nonostante il sacrosanto diritto del lavoratore di conoscere con precisione le motivazioni per poter chiedere un eventuale riesame della richiesta di Ape sociale”.

La replica dell’Inps

L’Inps ha replicato che in materia di APE sociale, così come per tutti i servizi erogati, applica le leggi e regolamenti vigenti a seguito di approfondite istruttorie condotte coi Ministeri vigilanti. Anche la circolare n. 100 del 16 giugno 2017, che fornisce istruzioni in merito all’applicazione dell’APE sociale, è stata condivisa nel suo impianto generale dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ed applica la normativa così come risultante dai testi legislativi vigenti.