Notiziario Notizie Italia Pensione: donne più penalizzate, dal 2035 rischieranno di dover aspettare fino a 73 anni

Pensione: donne più penalizzate, dal 2035 rischieranno di dover aspettare fino a 73 anni

13 Novembre 2019 12:56

Le disuguaglianze di genere presenti nel mercato del lavoro si riflettono anche sul sistema previdenziale. Le pensioni di vecchiaia erogate alle donne sono infatti il 48% in meno rispetto a quelle erogate agli uomini, quelle anticipate il 20% in meno. Inoltre, l’83% delle pensioni integrate al minimo sono liquidate alle donne, che ricevono una pensione di vecchiaia che ammonta a 645 euro lorde al mese. Questi sono solo alcuni dei dati più significativi contenuti nell’analisi elaborata dall’ufficio previdenza della Cgil Nazionale insieme all’Inca, e presentata ieri nel corso della secondo appuntamento della campagna ‘Rivolti al Futuro’, l’iniziativa sul futuro previdenziale dei giovani.

 

Come si evidenzia nel rapporto le donne sono penalizzate anche per l’accesso alla pensione anticipata. Hanno potuto usufruire di strumenti come Ape sociale e Precoci solo rispettivamente il 34% e il 17% delle lavoratrici. Secondo la Confederazione, anche ‘Quota 100’ resta una risposta “parziale”. Infatti, sulla base di alcune stime del sindacato le donne che nel 2019 utilizzeranno tale misura saranno circa 40mila, il 26% del totale (pari a 144mila).

Un quadro di forti disuguaglianze aggravato dalla normativa attuale che prevede vincoli anche reddituali di accesso alla pensione. Infatti, come evidenzia la Cgil le lavoratrici che andranno in pensione con il sistema contributivo (tra il 2035 e il 2040) saranno costrette ad aspettare i 73 anni di età poiché il loro reddito non supera di 2,8 volte (1.280 euro) o 1,5 volte (680 euro) l’assegno sociale.

 

“Per rimuovere le attuali disuguaglianze – dichiara il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli – serve una riforma complessiva dell’attuale sistema pensionistico”. Per il dirigente sindacale “vanno riconosciute le diverse condizioni delle persone, a partire da quelle di genere, bisogna prevedere una vera flessibilità in uscita, tutelare le carriere discontinue, il lavoro di cura prestato in ambito familiare, che per il 68% è a carico delle donne”. “Inoltre – prosegue Ghiselli – è urgente intervenire per garantire una piena e regolare copertura previdenziale alle lavoratrici in part time verticale ciclico, che ad oggi, non vedendosi riconoscere i contributi nei periodi di sosta lavorativa, sono costrette ad andare in pensione più tardi”.