Finanza Notizie Italia Partite Iva ‘tartassate’: sborsano più Irpef rispetto ai dipendenti e pensionati (Cgia)  

Partite Iva ‘tartassate’: sborsano più Irpef rispetto ai dipendenti e pensionati (Cgia)  

27 Gennaio 2020 09:06

 

Le partite Iva sono sempre più tartassate, con il prelievo medio dell’Irpef che è superiore a quello dei dipendenti e dei pensionati. Nel dettaglio, stando ai dati relativi alle dichiarazioni dei redditi del 2018, infatti, l’Irpef media versata dai lavoratori autonomi (ovvero le ditte individuali, i liberi professionisti, i soci delle società di persone e i collaboratori familiari. Non sono inclusi i contribuenti in regime forfetario) è di 5.091 euro, mentre quella in capo ai lavoratori dipendenti di 3.927 e quella dei pensionati di 3.047. A conti fatti, le partite Iva pagano il 30% in più di Irpef all’anno rispetto ai dipendenti e il 67% in più di quanto versano i pensionati. Numeri che sono stati analizzati in uno studio effettuato dalla Cgia di Mestre.

“Crediamo sia importante chiarire questa questione per smentire una tesi molto diffusa, soprattutto in alcuni ambienti sindacali, secondo la quale in Italia le tasse sono onorate quasi esclusivamente da coloro che subiscono il prelievo fiscale alla fonte – spiega il coordinatore dell’ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo -. Sia chiaro, nessuno nega che tra gli autonomi ci siano delle aree di evasione o di sotto-dichiarazione che, ovviamente, vanno assolutamente sradicate. I risultati di questa elaborazione, comunque, dimostrano in maniera inconfutabile che le partite Iva sono mediamente più tartassate degli altri contribuenti-persone fisiche”.

Ecco i due fattori che fanno la differenza, secondo la Cgia

In linea di massima, possiamo affermare che il gap relativo al versamento medio Irpef tra queste tre categorie di contribuenti è dovuto, in particolar modo, alla combinazione di due fattori: avendo redditi da lavoro mediamente più alti dei dipendenti e dei pensionati, il prelievo Irpef sui lavoratori autonomi è superiore; gli autonomi e i pensionati, in particolar modo quelli con redditi medio bassi, possono contare su detrazioni fiscali nettamente inferiori a quelle riconosciute ai dipendenti.

L’Irpef, sottolinea ancora l’associazione, è la principale imposta pagata dai contribuenti allo Stato italiano. A versarla sono solo le persone fisiche (lavoratori dipendenti, pensionati, lavoratori autonomi e titolari di altri redditi personali) e come risulta dalle dichiarazioni dei redditi del 2018 (anno di imposta 2017) questi soggetti danno all’erario 157,5 miliardi di euro all’anno; l’incidenza di questo gettito sul totale nazionale delle entrate tributarie è pari al 31,5 per cento.

I lavoratori dipendenti e i pensionati presenti in Italia sono oltre 36 milioni e 300 mila persone: assieme costituiscono l’88,2% dei contribuenti Irpef presenti nel Paese e versano al fisco quasi 130 miliardi (pari all’82,5% del totale). Gli autonomi, invece, sono poco più di 4 milioni e 300 mila unità (pari al 10,5% del totale contribuenti Irpef) e garantiscono al fisco 22 miliardi di Irpef (il 14% del gettito Irpef totale).

Anche in questo caso, sottolineano dall’ufficio studi della Cgia, il confronto tra l’incidenza della percentuale dei contribuenti e quella sul gettito dimostra che i lavoratori autonomi sono sottoposti a una maggiore tassazione, e quindi più “spremuti”, degli altri. Se si fa una analisi a livello territoriale, la regione che presenta il più alto numero di lavoratori attivi è la Lombardia (oltre 3.962.000 dipendenti e quasi 777.000 lavoratori autonomi) su oltre 10 milioni di abitanti.

Il confronto europeo

E cosa accade in Europa? Dai dati riportati dalla Cgia emerge che 2018 gli italiani hanno pagato 33,4 miliardi di euro di tasse in più rispetto all’ammontare complessivo medio versato dai cittadini dell’Unione Europea. Si tratta di un differenziale che “pesa” quasi 2 punti di Pil. In termini pro capite, invece, abbiamo corrisposto al fisco 552 euro in più rispetto alla media dei cittadini europei.

Da questa comparazione solo Francia, Belgio, Danimarca, Svezia, Austria e Finlandia hanno una pressione fiscale superiore alla nostra. La “sorpresa” viene da Parigi: ogni cittadino d’Oltralpe ha versato al fisco 1.830 euro in più rispetto a noi.

Il confronto