Finanza Notizie Italia Nuova lettera Ue all’Italia. Governo pensa a opzione deficit reale al 2%. A spese di reddito di cittadinanza e quota 100

Nuova lettera Ue all’Italia. Governo pensa a opzione deficit reale al 2%. A spese di reddito di cittadinanza e quota 100

31 Ottobre 2018 10:48

Nel giorno in cui la manovra del M5S-Lega approda al Parlamento, e all’indomani delle dichiarazioni del sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri, che ha affermato che non è in agenda alcun piano di modificare i target sul bilancio, indiscrezioni stampa parlano di una strategia su cui l’esecutivo starebbe invece lavorando per sventare la procedura di infrazione Ue.

La minaccia è più che concreta, visto che proprio ieri è arrivata una nuova lettera da Bruxelles. Inviata al Mef, la missiva ha di nuovo richiamato l’Italia, affermando che la manovra è incompatibile con il calo del debito. Così si legge:

“L’ampia espansione di bilancio prevista per il 2019 è in netto contrasto con l’aggiustamento di bilancio raccomandato dal Consiglio. Questa traiettoria di bilancio, unita ai rischi al ribasso per la crescita del Pil nominale sarà incompatibile con la necessità di ridurre in maniera risoluta il rapporto debito/PIL dell’Italia”.

La lettera porta la data del 29 ottobre e chiede all’Italia “di fornire una relazione sui cosiddetti ‘fattori rilevanti’ che possano giustificare un andamento del rapporto Debito/PIL con una riduzione meno marcata di quella richiesta”.

Il direttore generale della direzione Affari economici e finanziari Marco Buti sottolinea ancora, nella massiva che, “al fine di consentire alla Commissione europea di riflettere appieno nella sua relazione il contributo dell’Italia sui fattori significativi, gradirei ricevere la sua risposta entro il 13 novembre 2018 al più tardi”.

In questo contesto, con il trend del Pil che non avalla sicuramente le previsioni sulla crescita considerate già troppo ottimistiche da un’ampia platea di economisti,  e ora – come reso noto oggi – con un tasso di disoccupazione che torna anche a salire, cosa deciderà di fare la Tria-de Salvini-Conte-DiMaio?

Il Sole 24 Ore riporta oggi alcune indiscrezioni secondo cui l’asse Tria-Conte ha un piano per cercare di strappare il sì a Bruxelles.

Il piano è quello di presentarsi alla riunione dell’Eurogruppo di lunedì prossimo e nel confronto con Juncker, affermando che il disavanzo reale “si ferma al 2% per effetto della crescita e per la minore spesa su pensioni e reddito”.

Ovvero, il governo punterebbe a mostrare all’Ue che “i modelli econometrici non tengono conto del fatto che centrare gli obiettivi di crescita porterebbe circa 4 miliardi di entrate fiscali in più, riducendo il deficit reale al 2,2%. E le spese reali potrebbero fermarsi prima di raggiungere i livelli indicati nel programma di bilancio. Per ‘quota 100’ il tempo di attesa per gli statali, che coprono il 40% della platea, può allungarsi a 9 mesi, spostando al 2020 una parte di spesa, e anche nel privato i tagli all’assegno imposti dal contributivo e il divieto di cumulo potrebbero dissuadere una parte degli interessati. La spesa, allora, potrebbe attestarsi intorno a 5 miliardi invece dei 6,7 miliardi messi in programma”.

Ancora il Sole:

“E anche sul reddito di cittadinanza un avvio più lento rispetto all’ambizione targata M5S potrebbe ridurre il conto da 9 a 7 miliardi. Da qui, più che dalla spending timida messa in manovra, potrebbero arrivare risparmi per due decimi di Pil che porterebbero il deficit ‘effettivo’ al 2%”.

E di modifiche a quota 100 e reddito di cittadinanza parla anche un articolo de La Stampa, nel retroscena di Alessandro Barbera:

Si fa riferimento alla “strana battuta di Luigi Di Maio: ‘Quota 100 e reddito di cittadinanza credo saranno oggetto di un decreto subito dopo la legge di bilancio o prima della fine dell’anno’. In nome di cosa è necessario – si chiede Barbera – un provvedimento parallelo se la decisione sul da farsi fosse pacifica?”. La risposta è: “prendere tempo serve a cambiare rotta senza dare troppo nell’occhio”.

“Le due misure probabilmente – continua l’articolo – arriveranno, ma avranno costi e modalità non diverse da quelle fin qui propagandate. Il reddito di cittadinanza somiglia sempre più ad una estensione del Reddito di inclusione (già in vigore), per quota 100 si parla con insistenza di penalizzazioni sufficienti a contenere le uscite dal lavoro e i costi”.

Insomma, loro malgrado, i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini saranno alla fine molto probabilmente costretti a chinare il capo.