Finanza Notizie Italia Manovra: coro di no su auto, sugar e plastic tax. E c’è pure beffa incassi sovrastimati

Manovra: coro di no su auto, sugar e plastic tax. E c’è pure beffa incassi sovrastimati

12 Novembre 2019 08:33

Plastic tax, sugar tax, tasse sulle auto aziendali: a bocciarle, ritenendole tra l’altro anche inutili, sono imprenditori, associazioni di consumatori e aziende. Tra le critiche più pesanti delle ultime ore, una è arrivata sicuramente da Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria, in occasione di un’audizione sulla manovra nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato, che si è svolta nella giornata di ieri.

CONFINDUSTRIA: CON PLASTIC TAX IMPATTO SPESA FAMIGLIE DI 109 EURO

“La plastic tax non comporta benefici ambientali, penalizza i prodotti e non i comportamenti e rappresenta unicamente una leva per rastrellare risorse (circa 1,1 miliardi nel 2020, 1,8 nel 2021 e 1,5 nel 2022)”.

Pur riconoscendo che l’esecutivo giallorosso ha aperto un confronto con gli attori interessati, Confindustria ha messo in evidenza che la plastic tax “danneggia pesantemente un intero settore produttivo; rappresenta una sorta di doppia imposizione, dunque ingiustificata sia sotto il profilo ambientale che economico-sociale, in quanto le imprese già oggi pagano il contributo ambientale Conai per la raccolta e il riciclo degli imballaggi in plastica; determina un aumento medio pari al 10% del prezzo di prodotti di larghissimo consumo, contribuendo a indebolire la domanda interna; ha un impatto sulla spesa delle famiglie stimabile in circa 109 euro annui”.

Riguardo alla sugar tax, “si stima una riduzione del 10-15% dei fatturati delle imprese del settore, in assenza di evidenze circa i benefici per la salute. A ciò si aggiungono i timori di traslazioni a valle di imposte per loro natura regressive, in grado di colpire in misura relativamente più gravosa le fasce reddituali più deboli”.

CONFINDUSTRIA: CON TASSA AUTO AZIENDALI STANGATA PER 2 MLN LAVORATORI CIRCA

Ancora, ha detto Panucci, una contraddizione della manovra economica per il 2020 “è rappresentata dall’avvio di una condivisibile percorso di riduzione del cuneo fiscale a vantaggio dei lavoratori, più volte invocata da Confindustria, e dal contestuale innalzamento della tassazione sulle auto aziendali, che rappresenta una vera e propria stangata per circa 2 milioni di lavoratori, oltre a incidere su un settore economico, quello dell’automotive, già penalizzato su altri fronti”.  “Di fatto si tassa un bene che è già tassato e lo si fa intervenendo sulla busta paga dei dipendenti e sugli oneri contributivi dei datori di lavoro”.

ISTAT, SETTORE PLASTICA IMPIEGA QUASI 30.000 ADDETTI. APPELLO DI RETE IMPRESE ITALIA

Rischia di essere colpito duramente, dalla plastic tax, un settore che in Italia è stato descritto puntualmente, sempre nel corso di un’audizione nelle Commissioni bilancio di Camera e senato, dall’Istat:

“Nel 2016 le imprese appartenenti al settore della Fabbricazione di imballaggi in materie plastiche sono 1.540 (pari allo 0,4% delle imprese italiane manifatturiere). Si distribuiscono sul territorio in 1.780 unità locali, impiegano quasi 30 mila addetti, presentano un fatturato superiore a oltre 8 miliardi di euro e arrivano a produrre oltre 2 miliardi di euro di valore aggiunto ossia lo 0,28% del valore aggiunto nazionale”.

Nelle regioni del Nord-ovest – ha precisato l’Istat – è localizzato il segmento più significativo del settore (con il 43,9% delle unità locali e una quota di valore aggiunto pari al 47,7% del dato nazionale riguardante il settore)”. In particolare, “circa un terzo del corrispondente valore aggiunto nazionale si produce in Lombardia (il 34,7%), seguita da Emilia-Romagna (15,7%), Veneto (12,8%) e Piemonte (12,6%). Più contenuto è il contributo delle altre regioni, con un’incidenza del 5,4% della Toscana e del 4,8% della Campania”.

Scendendo a ulteriori dettagli territoriali, “Varese, Milano e Alessandria risultano le prime tre province e il 20,4% del valore aggiunto del settore è prodotto in questi territori. A livello comunale, Alessandria è al primo posto seguita da Rho”.

Il coro di no alle tre tasse – sugar tax, plastic tax e tassa sulle auto aziendali – è arrivato nelle ultime ore anche da Rete Imprese Italia, l’associazione interconfederale promossa da Casartigiani, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti e CNA, sempre nel corso dell’audizione che si è svolta alla vigilia in Parlamento:

“La stretta fiscale sulle auto aziendali, plastic tax e sugar tax sono purtroppo la negativa conferma di un mancato confronto e di una mancata valutazione d`impatto. Sono dunque scelte che vanno riconsiderate”, si legge nella nota di Rete Imprese Italia:

“Va valutato inoltre l’impatto della local tax – – non solo come strumento di semplificazione, ma anche in relazione ai suoi effetti in termini di possibili inasprimenti dei tributi locali anche in ragione della discrezionalità applicativa riconosciuta ai comuni. Nelle more di un’approfondita valutazione d’impatto, se ne richiede dunque l’abrogazione”.

Rete Imprese Italia ritiene in particolare “errate le programmate restrizioni in materia di rimborso delle accise sul gasolio consumato dall’autotrasporto merci, perché adottate in assenza di una strategia di coinvolgimento dei diversi settori economici in maniera proporzionale alle rispettive responsabilità emissive, intervenendo così su un settore responsabile di meno del 5 per cento delle emissioni climalteranti totali del paese (valore in corso di riduzione nel tempo) e senza che le risorse risparmiate vengano destinate a politiche attive per la riconversione ambientale del settore medesimo: settore le cui più rappresentative Organizzazioni hanno proclamato lo stato di agitazione”.

Rete Imprese Italia segnala anche che, nella manovra, “il range previsto per la variazione del Pil 2020 si colloca nell’insoddisfacente canale 0,2-0,7 per cento a ridosso, ancora una volta, della condizione di stallo. Le preoccupazioni per la mancata crescita e l’urgenza di un rilancio degli investimenti produttivi sono dunque ampiamente giustificate”.

La manovra di bilancio, prosegue Rete Imprese Italia, “delinea un incremento programmatico del tasso di crescita del prodotto di 0,2 punti percentuali rispetto al dato dello 0,4 per cento risultante dalla revisione al ribasso dello scenario tendenziale. Essa però risulta negativamente contraddistinta, tra l’altro e in particolare, dalla sottrazione, per effetto degli interventi in materia di mini flat tax, di importanti risorse destinate alla riduzione della pressione fiscale per le piccole imprese. Si rilancia così l’esigenza di interventi compensativi volti alla costruzione di una fiscalità non distorsiva nei confronti delle Mpmi”.

L’associazione sottolinea anche che “l’ncrocio programmatico tra Impresa 4.0 e Green New Deal rafforza poi l’urgenza di un sistema di interventi settorialmente più inclusivo e più accessibile da parte delle imprese di minori dimensioni. In particolare, per la costruzione di un corretto patto verde, vanno tenute in debito conto l’importanza di un omogeneo quadro regolatorio europeo in materia e l’esigenza metodologica tanto di un confronto costante e strutturato con le imprese, quanto di una compiuta valutazione preliminare d’impatto delle diverse misure”.

In tutto questo arriva pure la beffa. Secondo i tecnici del Servizio Bilancio del Senato, la manovra del governo M5S-PD rischia anche di sovrastimare gli incassi previsti dalle nuove tasse, da quella sulle auto aziendali a quelle sulla plastica.

I tecnici chiedono di conseguenza una verifica su una sovrastima della plastic tax per “circa 800 milioni di euro”.

Da chiarire anche perché si considera “fisso” l’incasso visto che si dovrebbero ridurre gli imballaggi monouso. Lo stesso vale per la sugar tax. Dubbi anche sulle sigarette: “in via prudenziale sarebbe opportuno non ascrivere maggiori entrate” nel 2020. 

CONFINDUSTRIA: MANOVRA NON IMPOSTA STRATEGIA RIFORME STRUTTURALI

Così Confindustria, in generale, sulle nuove tasse introdotte dalla legge di bilancio per il 2020:

La disattivazione delle clausole di salvaguardia, necessaria per non deprimere i consumi, è accompagnata dall’introduzione della citata imposta sulla plastica, che indebolisce la domanda interna e colpisce un’industria già impegnata nella direzione della sostenibilità, andando a drenare importanti risorse per investimenti in innovazione. Lo stesso vale per la sugar tax”.

Secondo gli industriali, “l’inasprimento della tassazione finisce comunque per ripercuotersi, con impronta settoriale, sul consumo di specifici beni e servizi: dalla plastica monouso alle bevande zuccherate, passando per i giochi, i servizi digitali, i tabacchi e i prodotti accessori, per finire alle auto aziendali”.

La manovra del governo M5S-PD viene bocciata, con il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci che afferma che, “sebbene contenga alcuni interventi positivi, è nel complesso insufficiente rispetto alle esigenze del Paese e rischia di non incidere in modo efficace sulla situazione di sostanziale stagnazione dell’economia“.

Gli aspetti che non convincono gli industriali “sono più di uno”.

“Sugli investimenti pubblici non registriamo segnali di svolta” e “non viene impostata una strategia di riforme strutturali in grado di innalzare il potenziale di crescita dell’economia”. E “prima ancora delle singole criticità la manovra non traccia un disegno di politica economica capace di invertire la tendenza negativa delle aspettative degli imprenditori e dei potenziali investitori, nazionali ed esteri. Anzi, in alcuni casi, produce un effetto opposto”.

Di conseguenza, avverte Panucci, “senza migliori aspettative, è difficile immaginare un’accelerazione degli investimenti privati e, senza quest’ultima, qualsiasi ripresa sarebbe comunque effimera”. In definitiva, “manca un intervento organico in tema di finanza per la crescita, che passi anzitutto per il rafforzamento delle misure introdotte negli ultimi anni con la finalità di promuovere l’accesso delle imprese al credito bancario o a fonti finanziarie alternative. La manovra potrebbe essere l’occasione, invece, per potenziare strumenti esistenti, favorire l’afflusso di risorse verso le medie e piccole imprese da parte degli investitori istituzionali di lungo periodo e superare alcune criticità registrate di recente”.

Tra l’altro, “invece di intervenire in modo più rilevante sulla spesa corrente, (la manovra) prevede un significativo recupero di risorse, per quasi 2,9 miliardi, attraverso un aumento della tassazione sulle imprese, accentuando così le distorsioni nel prelievo che già esistono. A queste risorse vanno aggiunte quelle previste dal decreto fiscale, per circa 2 miliardi, in chiave antievasione, che sottraggono ulteriore liquidità alle imprese. Ciò conferma -la tendenza ad alimentare un sistema di imposizione che scoraggia gli investimenti perché accresce i costi delle imprese, riducendone i margini, e rischia di frenare i consumi, perché le maggiori imposte si trasferiranno, anche solo parzialmente, sul prezzo dei beni, agendo in modo analogo a un aumento dell’Iva, che è ciò che si intendeva evitare”.