Notiziario Notizie Italia L’Italia è un Paese confuso. Fiducia solo per le forze armate (Eurispes)

L’Italia è un Paese confuso. Fiducia solo per le forze armate (Eurispes)

Pubblicato 30 Gennaio 2018 Aggiornato 30 Maggio 2022 12:50

La ripresa economica che coinvolge anche l’Italia ha portato leggeri miglioramenti nel sentiment degli italiani ma molte famiglie devono ancora intaccare i risparmi per arrivare a fine mese

La voglia di cambiare tutto, ribaltare il sistema spingendo le forze cosiddette “populiste” da un lato e la tendenza conservatrice che sconsiglia salti nel buio dall’altro. Molti italiani si troveranno in difficoltà a scegliere tra queste due istanze, quando il prossimo 4 marzo saranno di fronte alla scheda elettorale.

Sono i due volti di un’Italia che Gian Maria Fara, presidente di Eurispes, definisce

un Paese confuso sul piano politico, che ondeggia indeciso tra conservazione e cambiamento”.

Di certo c’è che la fiducia in chi governa l’Italia è poca. Dal Rapporto Italia 2018 elaborato da Eurispes emerge un giudizio negativo per il governo sul versante economico, occupazionale e sull’immigrazione.

Fiducia nelle forze armate, non nel governo

In pochi si dicono convinti che il governo sia riuscito a mettere mano ai conti pubblici, risanandoli (18,7%, contro l’81,3%). Un primo dato a cui seguono attestati di sfiducia e giudizi negativi: sul rilancio dei consumi (solo 24% di giudizi positivi), sulla lotta alla disoccupazione e le prospettive per i giovani (80% di giudizi negativi), sul sostegno alla natalità (77,2% negativi), sulla diminuzione della pressione fiscale (80,6% negativi e sulla capacità di portare a termine una buona riforma elettorale (79,5% negativi).

Una teoria di bocciature che si interrompe solo quando si parla di terrorismo internazionale. Il 50% degli italiani è convinto che il governo sia riuscito a tutelare l’Italia, il 37,2% che sia stato in grado di contrastare la microcriminalità (41,7% la criminalità organizzata).

Un merito che, però, sembra più essere attribuito alle forze armate e alla polizia che al governo. Infatti, anche se la fiducia nelle istituzioni è in leggera ripresa (fiducia al 13% dal 7,7% del 2017) e il governo riceve il consenso di un italiano su cinque, sono i Carabinieri e la Polizia di Stato a raccogliere il plauso maggiore, rispettivamente con il 69,4% e il 66,7% dei consensi, nonché la Guardia di Finanza (68,5%). Primeggiano i Vigili del fuoco (86,6%) mentre l’Esercito volta dal 59,6% al 70,4%.

In Italia è ancora difficile arrivare a fine mese

Il 38,9% dei cittadini ritiene che la situazione economica del Paese negli ultimi 12 mesi sia rimasta stabile mentre diminuiscono i pessimisti (41,5%; -17,6% rispetto al 2017). Tuttavia ancora 4 italiani su 10 sono costretti a utilizzare i propri risparmi per arrivare a fine mese e solo il 30,5% riesce a far quadrare i conti senza grandi difficoltà. Solo una minoranza, poi, riesce a risparmiare (il 18,7%), mentre sono ancora tanti a manifestare difficoltà per pagare le utenze (29,4%) e le spese mediche (23,2%). Sono in affanno anche molti italiani che devono sostenere un mutuo (25,4%) o un affitto (38%). Per far fronte alle difficoltà economiche, l’aiuto arriva soprattutto dalla famiglia d’origine (31,6%).

Un sistema fragile ma non debole

Tutto questo restituisce l’immagine di un’Italia ancora fragile.

“È lo sarà ancora per molti anni” riprende Fara che poi aggiunge: “fragile ma non debole. L’Italia ha molte frecce al suo arco, enormi potenzialità ma ha grandi difficoltà a trasformare la sua potenza in energia. E questo deriva principalmente dalla disomogeneità della nostra classe dirigente, nel senso che essa non persegue obiettivi comuni e comunque non nello stesso tempo e non con lo stesso impegno. Anzi, nella maggior parte delle occasioni ci fa assistere a divisioni e conflitti attraverso i quali le parti in causa puntano alla sopraffazione l’una dell’altra piuttosto che a trovare l’accordo a vantaggio del bene comune”.

La colpa non è però solo di chi governa in quanto, nota Fara,

“la caduta del senso di responsabilità si trasferisce dai piani alti della società al livello dei singoli soggetti, rendendo sempre più difficile la tenuta degli stessi rapporti sociali e interpersonali”.