Finanza Indici e quotazioni Uccisione Soleimani, da Trump nuove minacce a Iran e Iraq. Sui mercati vincono yen, oro e petrolio

Uccisione Soleimani, da Trump nuove minacce a Iran e Iraq. Sui mercati vincono yen, oro e petrolio

6 Gennaio 2020 09:30

Israele cancellata dalle cartine geografiche, sanzioni contro l’Iraq da far impallidire quelle imposte contro l’Iran, minacce continue di ritorsioni e di vendette: l’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani sembra sempre di più il primo atto di un’escalation di tensioni geopolitiche difficili da contenere, figurarsi da far rientrare. I mercati lo sanno:si vende il rischio, ovvero azioni, mentre si acquistano soprattutto oro, bene rifugio per eccellenza, e yen, valuta rifugio per eccellenza.

Non per niente la borsa di Tokyo – che ha riaperto dopo essere rimasta chiusa la scorsa settimana per le festività del Capodanno – ha ceduto fin oltre il 2%; lo yen è balzato al record in tre mesi: nelle contrattazioni asiatiche, il rapporto dollaro-yen è sceso infatti dello 0,3%, a 107,82.

Per la valuta del Giappone, si tratta del livello più alto dall’ottobre del 2019.

Le quotazioni dell’oro sono scambiate ai massimi dal 2013, ovvero in quasi sette anni, attorno a 1,588 dollari per oncia. Il contratto spot avanza a $1.573 (+1,44%), anche in questo caso al valore più alto in quasi sette anni.

Male anche Piazza Affari, che si adegua al sentiment di avversione al rischio degli operatori.

Così gli analisti di Capital Economics fanno il punto della situazione dei vari asset, cercando di ‘calcolare’ il dazio che l’economia globale potrebbe pagare, nel caso in cui le tensioni tra Stati Uniti e Iran e Stati Uniti e Iraq non rientrassero:

“La principale preoccupazione per l’economia del mondo è che gli eventi vadano fuori controllo e che gli Stati Uniti lancino un attacco militare diretto contro l’Iran; il conseguente collasso dell’economia iraniana potrebbe sottrarre al Pil mondiale -0,3 punti. Il danno, a nostro avviso, sarebbe uguale a quello che l’economia globale soffrirebbe con una guerra commerciale a 360 gradi tra Stati Uniti e Cina. I prezzi del petrolio schizzerebbero al rialzo…tale fattore farebbe aumentare l’inflazione in tutto il mondo, del 3,5-4% nei paesi Ocse…”.

Ancora, gli analisti di Capital Economis parlano di “effetti indiretti che colpirebbero il sentiment” e anche di possibili “interruzioni e disagi nelle rotte navali”; ancora, “i mercati azionari e obbligazionari del Medio Oriente rimarrebbero probabilmente sotto pressione…sospettiamo che i peg delle valute del Golfo con il dollaro rimarrebbero comunque intatti”.

Così ha commentato Sean MacLean, strategist presso Pepperstone, società di borkeraggio con sede a Melbourne:

E’ una situazione di wait-and-see, ma è molto tesa”.

Tornando al forex, occhio al rapporto tra il dollaro australiano e lo yen – che viene considerato parametro per la misurazione del sentiment sul rischio molto importante, visto che l’aussie è una valuta emessa da un paese la cui economia è prevalentemente orientata alle esportazioni, mentre lo yen è tra i principali asset rifugio (come anche il franco svizzero)”.

Già lo scorso venerdì, alla notizia dell’uccisione di Soleimani, lo yen era balzato dell’1,1% contro il dollaro australiano.

Riguardo alle altre valute, l’euro è stabile sul dollaro Usa attorno a $1,1160; poco mossi anche i cambi sterlina-dollaro ($1,3076) ed euro-sterlina (GBP 0,8536). Il dollaro cede lo 0,15% circa nei confronti del petrolio, che prezza direttamente le minacce di Trump contro l’Iran e l’Iran.

Il contratto WTI scambiato sul Nymex di New York balza di oltre +1,5% a $64 al barile, mentre il Brent fa +1,90% a $60,90. C’è da dire che nelle ultime ore, tuttavia, si è verificato un ritracciamento, se si considera che i futures sul Brent sono schizzati fino a $70,27 al barile, mentre il contratto WTI è volato fino a $64,44, al valore più alto da aprile. Il balzo dei prezzi del petrolio permette di limitare i danni sull’azionario, facendo salire i titoli energetici e del settore oil. Sul Ftse Mib fanno bene per esempio Eni e Tenaris.

ULTIMI SVILUPPI DAL FRONTE GEOPOLITICO

Un appello è stato lanciato nelle ultime ore dai tre paesi dell’E3 (Germania, Francia, Regno Unito), che hanno parlato della necessità di smorzare l’escalation delle tensioni in Iraq e Iran, chiedendo nello specifico a Teheran di astenersi da qualsiasi azione violenta e di tornare a rispettare gli impegni che aveva preso nel precedente accordo nucleare. Berlino, Parigi e Londra hanno reiterato il loro impegno a garantire la sovranità e la sicurezza dell’Iraq, confermando anche la loro determinazione a combattere lo Stato islamico (ISIS).

L’Iraq, hanno chiesto, dovrebbe continuare a sostenere la coalizione internazionale che combatte contro l’Isis. Forte preoccupazione è stata espressa dai tre paesi nei confronti del ruolo a loro avviso negativo che l’Iran avrebbe avuto nella regione, in particolare con le forze Quds dei Guardiani della Rivoluzione guidate da Soleimani.
I tre paesi europei si sono detti pronti al dialogo con tutte le parti coinvolte, al fine di smorzare le tensioni e ristabilire la sicurezza nell’area.

Dal canto suo Donald Trump ha minacciato Teheran di “grande ritorsione”, nel caso in cui l’Iran dovesse decidere di vendicare la morte del generale Qassem Soleimani, ordinata dallo stesso presidente americano.
Trump, ha detto lui stesso, non avrebbe remore a colpire anche i siti culturali del paese.  Così ai giornalisti: “Si permettono di uccidere la nostra gente. Si permettono di torturare il nostro popolo. Si permettono di usare bombe per far saltare in aria la nostra gente. E a noi non è permesso toccare i loro siti culturali? Così non va”.

Il presidente Usa aveva già detto di aver individuato 52 siti iraniani che potrebbero essere colpiti dalle forze americane: 52 come il numero degli ostaggi americani presi da Teheran 40 anni fa.

Parlando nelle ultime ore dall’Air Force One, il tycoon ha così commentato la richiesta del Parlamento iracheno al governo di Baghdad di cacciare i militari americani dall’Iraq.

“Se ci chiedono di andare via, e se ciò non avviene su basi molto amichevoli, colpiremo l’Iraq in un modo che non hanno mai visto prima, da far sembrare le sanzioni iraniane moderate”.

“Disponiamo di una base aerea incredibilmente costosa. Ci è costata miliardi di dollari. Molto prima che arrivassi io. Non andremo via, a meno che non ce la ripaghino”.

E Mohsen Rezai, ex capo delle Guardie della rivoluzione dell’Iran, al momento segretario del Consiglio preposto alla mediazione tra le diverse istituzioni dello Stato, ha tuonato:

“Se gli Stati Uniti dovessero orchestrare un ulteriore attacco a seguito della ritorsione iraniana, provocata dall’uccisione del generale Soleimani, Teheran “cancellerà Israele dalle carte geografiche”.