Borsa Tokyo in calo dello 0,19%, domina paura reflazione Usa. Ed è boom petrolio a nuovi record
Laura Naka Antonelli
18 febbraio 2021 - 07:32MILANO (Finanza.com)
L'indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha chiuso la sessione in calo dello 0,19%, a 30.236,09 punti. Oggi ha riaperto la borsa di Shanghai, dopo la lunga pausa dovuta alle celebrazioni del Capodanno lunare: il listino avanza di mezzo punto percentuale.
Tra gli altri listini azionari, Hong Kong male con una flessione dell'1,23%, Sidney piatta mentre Seoul è in calo dell'1,19%.
Protagonisti sono ancora i timori sulla reflazione in Usa, alimentati ieri dalla pubblicazione dell'indice dei prezzi alla produzione degli Stati Uniti, che a gennaio è balzato dell'1,3%, riportando il rialzo più forte dal 2009.
Ieri il Dow Jones Industrial Average è salito di 90,27 punti, a 31.613,02 punti; lo S&P 500 è rimasto pressocché invariato a 3.931,33 mentre il Nasdaq Composite ha chiuso in flessione dello 0,58% a 13.965,50 punti.
Dal fronte macroeconomico, nell'area Asia-Pacifico diffuso il tasso di disoccupazione dell'Australia, sceso a gennaio al 6,4%, rispetto al 6,6% di dicembre, e meglio del 6,5% atteso dal consensus degli analisti. Nel mese, sono stati creati 29.100 nuovi posti di lavoro, rispetto ai 30.000 attesi e alla precente crescita di 50.000 nuovi occupati. Il tasso di partecipazione della forza lavoro è sceso lievemente al 66,1%, dal 66,2% precedente e rispetto al 66,2% atteso.
Le preoccupazioni sull'offerta di petrolio da parte del Texas, in cui diversi pozzi e raffinerie sono stati costretti a chiudere a causa del gelo record che ha colpito lo stato Usa, hanno innescato una nuova corsa dei prezzi.
Sia il contratto WTI che il Brent hanno testato nuovi massimi in più di un anno.
Il Brent è balzato fino a +1,5% a $65.27 il barile, al record dal 20 gennaio del 2020, mentre il WTI è salito fino a +1,2%, a $61,90 al barile, al valore più alto dall'8 gennaio del 2020.
Tra gli altri listini azionari, Hong Kong male con una flessione dell'1,23%, Sidney piatta mentre Seoul è in calo dell'1,19%.
Protagonisti sono ancora i timori sulla reflazione in Usa, alimentati ieri dalla pubblicazione dell'indice dei prezzi alla produzione degli Stati Uniti, che a gennaio è balzato dell'1,3%, riportando il rialzo più forte dal 2009.
Ieri il Dow Jones Industrial Average è salito di 90,27 punti, a 31.613,02 punti; lo S&P 500 è rimasto pressocché invariato a 3.931,33 mentre il Nasdaq Composite ha chiuso in flessione dello 0,58% a 13.965,50 punti.
Dal fronte macroeconomico, nell'area Asia-Pacifico diffuso il tasso di disoccupazione dell'Australia, sceso a gennaio al 6,4%, rispetto al 6,6% di dicembre, e meglio del 6,5% atteso dal consensus degli analisti. Nel mese, sono stati creati 29.100 nuovi posti di lavoro, rispetto ai 30.000 attesi e alla precente crescita di 50.000 nuovi occupati. Il tasso di partecipazione della forza lavoro è sceso lievemente al 66,1%, dal 66,2% precedente e rispetto al 66,2% atteso.
Le preoccupazioni sull'offerta di petrolio da parte del Texas, in cui diversi pozzi e raffinerie sono stati costretti a chiudere a causa del gelo record che ha colpito lo stato Usa, hanno innescato una nuova corsa dei prezzi.
Sia il contratto WTI che il Brent hanno testato nuovi massimi in più di un anno.
Il Brent è balzato fino a +1,5% a $65.27 il barile, al record dal 20 gennaio del 2020, mentre il WTI è salito fino a +1,2%, a $61,90 al barile, al valore più alto dall'8 gennaio del 2020.
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