Finanza Dati Macroeconomici Occupazione Usa: a novembre solo 210.000 nuovi posti di lavoro. E’ il minimo dal dicembre del 2020

Occupazione Usa: a novembre solo 210.000 nuovi posti di lavoro. E’ il minimo dal dicembre del 2020

3 Dicembre 2021 15:36

Il problema della scarsità dell’offerta di lavoro, negli Stati Uniti, continua a persistere, e i dati di novembre lo confermano.

Nel mese, l’economia americana ha creato appena 210.000 nuovi posti di lavoro, meno della metà di quanto previsto dagli analisti.

Le attese degli economisti intervistati da Dow Jones erano di un aumento di 573.000 buste paga, dopo la crescita di 546.000 unità di ottobre (dato rivisto al rialzo dai +531.000 occupati inizialmente reso noto).

Così come aveva anticipato in una nota di qualche ora fa Sam Bullard, managing director ed economist senior di Wells Fargo, “la carenza dell’offerta di personale non mostra segnali significativi di miglioramento, e potrebbe anzi anche peggiorare nei prossimi mesi, con l’obbligo vaccinale federale che entrerà in vigore il 4 gennaio del 2022. Di conseguenza – ha fatto notare l’esperto – le condizioni del mercato del lavoro dovrebbero continuare a essere caratterizzate dalla scarsità della forza lavoro, alimentando un forte aumento dei salari”.

Aumento dei salari che a novembre c’è stato infatti ma che, fortunatamente per chi paventa ulteriori fiammate di un’inflazione Usa già alta, ha rallentato il passo.

I salari orari sono saliti in media, infatti, del 4,8% su base annua, rispetto al +4,9% del mese precedente e a un ritmo inferiore al +5% atteso dal consensus.

C’è da dire che, su base mensile, i salari orari sono saliti per l’ottavo mese consecutivo, avanzando dello 0,3% rispetto a ottobre.

Il tasso di disoccupazione è sceso dal 4,6% precedente al 4,2%, facendo meglio del 4,5% atteso dal consensus, ma la partecipazione all forza lavoro negli States rimane decisamente inferiore ai livelli precedenti alla pandemia Covid-19, anche se in crescita oltre le attese.

Il tasso di partecipazione è aumentato infatti a novembre al 61,8%, lievemente al di sopra del 61,7% atteso dal consensus e rispetto al 61,6% di ottobre. La percentuale rimane ben lontana in ogni caso dal 63,3% del febbraio del 2020.

Detto questo, sebbene la crescita dei posti di lavoro sia stata la più bassa dal dicembre del 2020, dunque in quasi un anno, la revisione al rialzo delle nuove buste paga di ottobre e settembre lascia sperare bene in un recupero dell’occupazione, variante Omicron permettendo.

I dati di settembre e ottobre sono stati rivisti al rialzo di ben +82.000 unità, confermando il trend degli upgrade, che va avanti da qualche mese, come dimostra il grafico. Andando per settori, vale la pena far notare come nel settore dell’intrattenimento e alberghiero – quello che si era messo in testa per creazione di nuovi posti di lavoro con il reopening dell’economia post Covid-19 – è stato interessato a novembre da un aumento delle buste paga di appena +23.000 unità; è vero che lo stesso comparto ha recuperato quasi 7 milioni dei posti di lavoro persi nel periodo più buio della pandemia; ma è altrettanto vero che il numero degli occupati rimane inferiore di 1,3 milioni di unità circa rispetto al livello del febbraio del 2020, a fronte di un tasso di disoccupazione inchiodato al 7,5%.

Allo stesso tempo, confortante è il fatto che il tasso degli underemployment, ovvero degli occcupati che lavorano per un numero di ore inferiore rispetto a quello desiderato o che lavorano in settori meno qualificati rispetto al posto di lavoro ambìto, è sceso in misura notevole, posizionandosi al 7,8%, ben al di sotto dell’8,4% atteso e rispetto all’8,3% di ottobre (nel periodo pre-pandemico era comunque pari al 7%).

Gli analisti di ING hanno commentato il report occupazionale di novembre sottolineando soprattutto il problema della scarsità dell’offerta di lavoro.

Nella nota dal titolo eloquente “US economy held back by a lack of willing workers”, ovvero “Economia Usa frenata dalla carenza di lavoratori disponibili”, si legge quanto anticipato sopra, ovvero che, “semplicemente, l’offerta di lavoro non sta ritornando in modo sufficientemente veloce, e per le aziende che vogliono disperatamente assumere, questo è un problema enorme”.

La nota di ING ricorda che il numero totale degli occupati negli States rimane inferiore ai livelli precedenti la pandemia Covid di ben 3,9 milioni di unità.

Viene messo in evidenza anche il dato della National Federation of Independent Businesses (NFIB), da cui emerge che il numero delle piccole imprese che hanno posti di lavoro disponibili che non riescono a occupare è salito su base netta del 48%.

Una tale discrepanza tra domanda e offerta del lavoro non può non andare a colpire i salari, con le aziende pronte a offrire salari più alti pur di convincere la forza lavoro a…lavorare.

Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte, parla di “segnali apparentemente contraddittori dal mercato del lavoro ma che in parte potrebbero fotografare un disallineamento temporale tra domanda e offerta“.

“Come premessa – si legge nel report – occorre ricordare che le rilevazioni del mercato del lavoro Usa derivano da due campioni:

  • raccolta dati dal lato aziende e governo tramite numero di buste paghe (employer survery);
  • raccolta dati dagli uffici di collocamento (household survey)

“Dal lato employer survey emerge che il numero di nuovi assunti è stato pari alla metà del consenso, circa 200.000 unità, pari all’incremento più basso dell’anno. Dal lato household survey emerge invece un netto incremento del numero di potenziali lavoratori che attivamente cercano lavoro (+594.000). Il tasso di disoccupazione (rapporto tra disoccupati e civilian labor forrce) – rileva lo strategist – è così sceso dal 4,6% al 4,2% grazie principalmente al denominatore, ossia l’aumento del numero di potenziali lavoratori che attivamente si son presentati per cercare lavoro. Questo probabilmente a causa del venir meno dei sussidi e dei minori timori sulla pandemia dopo il rallentamento dei contagi tra ottobre e novembre”.

Ora, spiega Cesarano, “mettendo insieme le informazioni dei due report ne emerge complessivamente un contesto in cui le aziende hanno iniziato a rallentare le assunzioni nel momento in cui finalmente i potenziali lavoratori si son presentati in modo più copioso a ricercar lavoro attivamente. In altri termini, l’offerta di lavoro sta recuperando nel momento in cui la domanda di lavoro da parte delle aziende è apparsa più cauta”.

A tal proposito Intermonte pubblica un grafico, da cui emerge che all’appello, per l’appunto, “son mancate soprattutto le assunzioni nel comparto leisure and hospitality (+23.000) per il quale mancano ancora 1,3 milioni diposti di lavoro per ritornare alla fase pre-pandemica”.