Finanza Notizie Mondo Uber: rubati dati di 57 milioni di clienti e autisti in tutto il mondo. Società tace e paga $100.000 agli hacker

Uber: rubati dati di 57 milioni di clienti e autisti in tutto il mondo. Società tace e paga $100.000 agli hacker

22 Novembre 2017 08:23

Nomi, indirizzi di posta elettronica, numeri di telefono, insomma dati personali di 50 milioni di passeggeri di tutto il mondo, e anche di 7 milioni di autisti, inclusi i numeri delle patenti di 600.000 autisti Uber negli Stati Uniti.

Nell’ottobre del 2016 tutte queste informazioni personali sono state rubate nell’ambito di un maxi attacco cibernetico che ha colpito la società: peccato che Uber abbia rivelato quanto accaduto solo ora, ammettendo anche di aver pagato un “riscatto” di $100.000 agli hacker, affinché cancellassero i dati rubati e non parlassero di quanto era accaduto.

Così Dara Khosrowshahi, che ha assunto la carica di amministratore delegato lo scorso settembre, ha commentato con una email il fatto:

“Niente di tutto questo sarebbe dovuto accadere, non ci sono scuse“, ha scritto, aggiungendo che “stiamo cambiando il modo in cui operiamo”.

Nel rendere noto l’accaduto, la società ha riferito di credere che gli hacker non abbiano rubato invece né i numeri di Social security dei clienti, né informazioni legate alle carte di credito, dettagli sugli spostamenti e altri dati di passeggeri e autisti.

La rivelazione non ha certo risparmiato a Uber un’indagine sul fatto, che è stata lanciata dal Procuratore generale di New York, Eric Schneiderman. Il gruppo è stato inoltre denunciato per negligenza da un cliente che punta ora a formare una class-action, ovvero una causa collettiva.

Non si tratta certo del primo scandalo che travolge il gruppo. Dalla sua nascita, nel 2009, Uber è stata oggetto di almeno cinque indagini che sono state aperte dalle autorità Usa, per presunti reati di corruzione, software illegali, pratiche di prezzo dubbie e anche per il furto di proprietà intellettuali di una società rivale. Decine, inoltre, le cause civili avviate contro l’azienda di San Francisco. Tanto che Londra e altri governi hanno deciso anche di vietare i suoi servizi, motivando la decisione con il suo comportamento sconsiderato.